Elogio del contrabbandiere

novembre 23, 2000


Pubblicato In: Giornali, Panorama


Chi vedesse l’avvocato Agnelli guidare una Volkswagen, o Franco Tatò parlare a un telefonino Tim, mostrerebbe un certo stupore. Ma trasecolerebbe se, interrogandoli, si sentisse rispondere che la ragione è la migliore assistenza o la copertura di rete più completa. Ma allo stesso modo si resta stupefatti a leggere che l’Unione Europea ha scelto una corte americana — quella di New York — e una legge americana — quella introdotta nel 1970 per combattere la criminalità organizzata — per chiedere a Philip Morris e R.J. Reyinolds un risarcimento miliardario per le tasse perse a causa del contrabbando di sigarette.

Se tanta parte della produzione va ad alimentare il canale del contrabbando, nella migliore delle ipotesi i produttori «non possono non sapere» e il loro è una specie di «concorso esterno»: così, per dirla alla nostra maniera, si argomenta a Bruxelles. Gli Stati hanno il potere di fare le leggi: se ricorrono a un «prodotto della concorrenza», la loro è una dichiarazione di impotenza. Può darsi che dietro ci siano anche ragioni di procedura (anche se la Philip Morris è fondata in Virginia e la R.J. Reynolds nel North Carolina): ma chi può fare le leggi non può anche cambiare leprocedure?
Il contrabbando di sigarette è la maggiore causa di perdita di gettito per il bilancio di Bruxelles, e quella legge prevede risarcimenti fino a 3 volte il danno. I tribunali USA hanno inflitto multe devastanti ai produttori di tabacco: nell’ultimoprocesso, in Florida in luglio, sono stati 146 miliardi di dollari, un terzo delle entrate fiscali italiane in un anno. Non mi scandalizzerei se Bruxelles fosse andata a New York per cercare una legge «generosa» e un ambiente favorevole: è prassi comune. Il punto è: mettere in concorrenza sistemi legali e fiscali, che è un diritto di persone e im prese per difendersi dalla rapacità degli Stati e delle loro leggi, è consentito anche agli Stati che le leggi le fanno? Non è paradossale chiedere ad un’altra legge e ad altri giudici i soldi per pagare gli stipendi a chi le leggi dovrebbero farle e farle applicare? Le imprese comprano da fornitori esterni anche servizi delicati: dovremo abituarci all’outsourcing della legislazione?
Paradossi sono in agguato anche sul piano pratico. Il nostro Ministero delle Finanze e Philip Morris hanno stipulato un accordo di collaborazione antiriciclaggio: sul pacchetto saranno indicati luogo e data di fabbricazione, per poter risalire dalla merce sequestrata alla catena di distribuzione, e tagliare le forniture ai grossisti sospetti. Ma l’accordo, se funziona bene come ha detto due mesi fa il Governo in Senato, indebolisce la posizione processuale dell’Unione Europea, e riduce la prospettiva di guadagno degli avvocati, che del processo sono i veri attori (e dei risarcimenti i massimi beneficiari). Il Governo italiano dovrà collaborare con i fabbricanti contro i contrabbandieri o con gli avvocati contro i fabbricanti?
E poi l’Unione Europea e gli Stati membri non possono dimenticare che, oltre alle questioni legali, c’è una fondamentale legge economica: ogni tassa crea l’incentivo ad evaderla, e quanto maggiore la tassa, tanto maggiore l’incentivo. Certo, il fumo provoca il cancro; i fabbricanti lo sapevano e l’hanno tenuto nascosto per anni; assieme alle sigarette viaggiano armi e la disperazione di esseri umani; lo stigma negativo che colpisce il tabacco è giustificato. Ma non per questo è meno vero che facendo pagare allo Stato un prezzo per la tassa che ci impone, il contrabbando ne limita entità e gettito. I contrabbandieri non sono certo più i romantici compagni di Carmen, ma continuano ad assolvere la positiva funzione che già Adam Smith a loro attribuiva: quella di aprire delle brecce per il libero mercato.

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