E adesso voleranno le cimici come dopo la fine di Mussolini?

giugno 21, 2011


Pubblicato In: Giornali, Vanity Fair


dalla rubrica Peccati Capitali

Per puro caso il 25 Luglio del ’43 ero a Torino: sfollati a Saluzzo, mia madre mi aveva preso con sé per una breve scappata. Da un balcone di Via Andrea Doria 8 guardavo la gente, il loro allegro entusiasmo, la loro ritrovata speranza. Ma la mia attenzione di ragazzino era per il “lancio della “cimice”, il distintivo del Partito Nazionale Fascista, che tutti portavano all’occhiello: buttarlo in strada, era liberarsi di 20 anni di fascismo. Da allora, distintivi non ne ho mai voluti portare, né della Juve né del Rotary né del Senato.

Con le amministrative e i referendum, il sistema di potere che ha tenuto la scena politica per più di tre lustri è in accelerato sfaldamento: vacillano fedeltà, si incrinano alleanze, è un febbrile guardarsi intorno nell’ansia per il proprio futuro. Ma quando, dall’altra parte, nelle piazze plaudenti, vedo di nuovo i sorrisi e gli slanci e le sensazioni di libertà, non riesco a non pensare a quelli che facevano il “lancio della cimice”. E non perché pensi che Berlusconi sia il fascismo, o Bossi a Pontida un Grandi al Gran Consiglio. Ma quando sull’onda del ritrovato entusiasmo sento riproporre aperture politiche che già s’è visto dove portano, o scorgo rispuntare populismi anti-mercato contro cui ci credevamo vaccinati, temo che l’anelito di liberazione porti a rinnegare quel poco di buono che, anche per merito del centrosinistra, s’è pur fatto in 15 anni. Gli interessi corporativi che bloccano la crescita, i costi dell’inefficienza dell’amministrazione, diffidenza e pregiudizio contro concorrenza e merito: sono questi, oggi, i nostri nemici; nel 1943, erano le Panzerdivisionen. “La guerra continua”, fu detto a quelli del “lancio della cimice”, e furono lasciati soli.

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