Come si difende la democrazia

ottobre 24, 2013


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di Michael Stürmer

In Germania la negazione dell’Olocausto è punibile dal diritto penale, altrove no. Entrambe le soluzioni hanno importanti argomenti dalla loro parte. La libertà d’opinione è un bene prezioso, e segna la linea di demarcazione tra democrazia e dittatura. La dittatura non può sopportare opinioni devianti e nasconde verità scomode nella “neolingua” di Orwell. La democrazia segue certo il modello del mercato delle opinioni dove alla fine vince la verità e null’altro che la verità. Ma ildiktatdella political correctness, per essere onesti e franchi, non le è ignoto. La favola dei nuovi abiti dell’imperatore trova il suo posto da qualche parte tra democrazia e dittatura. La dittatura annuncia che l’imperatore indossa gli abiti più belli, la voce d’un bambino constata che l’imperatore è nudo. Ma lasciamo da parte favole antiche e nuovi costumi: la libertà d’opinione finisce, ove comincia ildiktat dei fatti. O almeno così dovrebbe essere, e invece non è così. L’ex presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad, il quale, ossessionato dall’odio non si limitava a giochi e parole, combinava la minaccia di annientamento nucleare contro lo Stato d’Israele con l’affermazione che non ci fosse mai stato un Olocausto, che tutto fosse stato nul-l’altro che un’invenzione sionista. Il suo successore Rohani, che sembra o è considerato il più civile tra gli ayatollah al potere, ha intanto rinunciato a mobilitare sul tema Israele, per non disturbare i negoziati sui controlli sugli armamenti nucleari e sulla riduzione delle sanzioni. Non è un nuovo passo nel processo d’approfondimento, eppure il possesso della vertià, della semiverità o della menzogna è in ogni momento un’arma nello scontro tra opinioni e poi nell’uso delle armi. Il negazionismo dell’Olocausto, ideologia statale in Iran e in parte del mondo arabo, mobilita i guerrieri della Jihad, aiuta a istituire dittature militari e cementa l’unità ideologica, là dove altrimenti già da tempo guerre civili avrebbero distrutto tutto. La Siria è l’ultimo esempio. Può la democrazia perseguire penalmente la negazione pubblica del genocidio industriale degli ebrei? E dovrebbe farlo? Il pericolo è che i negazionisti dell’Olocausto parlino con disprezzo del divieto loro imposto, e lo trasformino in presunta prova che una scomoda verità viene nascosta e coperta. Ma allo stesso tempo, comunità o società democratiche non possono permettere che la propaganda assassina circoli liberamente. L’odio razziale come follia individuale, tranne in casi estremi, è pressoche impossibile vietarlo, ma è ben possibile proibirlo come forza che consente di costituire partiti e movimenti politici. Ciò vale anche se ci proiettiamo verso l’esterno. Per Konrad Adenauer, Padre della Patria, nulla era più importante che il conquistare fiducia. Non soltanto la fiducia dei tedeschi nella democrazia liberale, bensì ancor di più la fiducia dei vicini verso la Germania. A tale scopo non bastarono né il Piano Marshall né la politica di “benessere per tutti” di Ludwig Erhard: ci volle anche da noi un processo di civilizzazione del discorso politico. Certo, Adenauer permise a molti ex “camerati” di restare o tornare attivi nella vita pubblica. Ma alla condizione di chiamare Crimini i Crimini de nostro passato. La libertà d’opinione, nei fatti, è un bene supremo della democrazia. Ma ha i suoi confini là dove lo Stato di diritto e la democrazia sono in pericolo.

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