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→  aprile 7, 1993


Il quesito referendario del 9 giugno sulla preferenza unica aveva il pregio della semplicità: chiedeva di por fine alla manipolazione della volontà popolare da parte delle segreterie dei partiti, ai non infrequenti brogli. Il suo successo plebiscitario è dipeso anche dalla relazione immediatamente percepibile tra obiettivo e quesito, tra fine politico e mezzo.
Questa solare chiarezza sembra invece mancare alla consultazione del 18 aprile: per il numero dei quesiti, e già quindi per la necessità di manipolare nove schede perché minore è la rilevanza politica di molti di essi e controversa l’opportunità di alcuni;. perché il quesito più rilevante, quello sulla riforma della legge elettorale, è solo la premessa di una modifica più completa che riguardi la Camera oltre il Senato.

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→  marzo 31, 1993


Sembra prevalere, in parte dell’opinione pubblica, un atteggiamento di e quindi stanza, che giudica sistema politico e sistema delle imprese private simmetricamente corresponsabili della situazione al cui disvelamento stiamo assistend9. Ci sono ragioni per ritenere tale giudizio sbagliato e dannoso. E’ necessario, premettere in modo convinto ed esplicito che ciò non significa in alcun modo prendere posizione critica’ nei riguardi delle vicende penali in corso o di quelle future: innanzi tutto perché i fatti penali sono fatti individuali, mentre qui il discorso è sul sistema delle imprese; poi perché solo i giudici hanno conoscenza piena dei fatti, competenza ed autorità per collocarli nell’insieme delle norme.

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→  marzo 31, 1993


Caro direttore, sono sostanzialmente d’accordo, purtroppo, con quanto ha scritto Salvatore Tropea (Torino cerca sindaco, la Repubblica, 18 marzo). Ma vorrei provare ad aggiungere qualche approfondimento, una proposta ed una speranza.
La ritirata dei partiti, obbligati da ogni nuovo avviso di garanzia ad arroccarsi su trincee sempre meno difendibili, consapevoli della propria incapacità di indicare soluzioni, perfino di prevedere il comportamento del loro elettorato tradizionale, rispetto a quelle che vengono ventilate, ha lasciato, oltre a un vuoto politico, un vuoto di partecipazione, di senso dl appartenenza.

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→  marzo 13, 1993


È possibile essere corrotti col proprio denaro? E’ possibile che un manager corrompa il proprio azionista?
Sembra assurdo, ma è, ridotta ai minimi termini, la situazione che emerge dagli scandali che stanno coinvolgendo Nuovo Pignone ed Eni. Una società, per vedersi assegnare un lavoro dall’amministrazione dello Stato, paga una tangente non con i soldi di un terzo privato, ma con gli stessi soldi dello Stato: lo sdoppiamento dei ruoli e degli interessi tra Stato e partiti risulta qui particolarmente evidente; rubare per il partito risulta, come è, ancora più grave che rubare per sé. Ma il fatto si presta a considerazioni più vaste sul ruolo che le partecipazioni statali hanno avuto nel determinare la presente situazione.

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→  marzo 9, 1993


Il grande vuoto è incominciato sabato pomeriggio. La notizia dei decreti Amato-Conso era arrivata ai giornali venerdì sera, dopo un lunghissimo Consiglio dei ministri: i commenti erano frammentari, a volte incerti: sembrava che nessuno volesse crederci, che la politica aspettasse tempo per capire, prima di reagire. E domenica, con i commenti e gli editoriali dei giornali, è incominciato il tam-tam delle telefonate: e quindi gli inviti a preparare appelli, mandare fax, organizzare proteste. Anche quando si è saputo che il Capo dello Stato aveva deciso di non controfirmare il decreto, la mobilitazione è continuata, come se non si volesse perdere la seriazione di sentirsi partecipi e protagonisti di nuovo.

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→  febbraio 28, 1993


La vasta categoria di imprese, invece di dedicarsi a fare il proprio mestiere, quello cioè di organizzare i fattori della produzione per svilupparsi ed affermarsi sui mercati, avrebbe corrotto un potere politico ad essa omogeneo, spartendosi il mercato fuori da ogni regola di concorrenza e lucrando indebiti profitti da scaricare sulla collettività.

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