Avanti i riformisti

marzo 29, 2002


Pubblicato In: Giornali, Panorama


La soddisfazione del riformista è grande per il successo di una manifestazione della propria parte politica

“Come ci si sente adesso dalle parti di voi riformisti?” mi chiede malizioso il mio interlocutore “se ha vinto Cofferati, voi siete stati sconfitti”.
Tocca allora dare una risposta chiara. La soddisfazione del riformista è grande per il successo di una manifestazione della propria parte politica, fatta da gente di cui condivide alcuni obbiettivi, diverse preferenze e non poche ostilità. Per essere piena, la soddisfazione ha bisogno però di essere reciproca.
E cioè che anche leader e militanti che hanno riempito il Circo massimo non sentano il riformista come una presenza ingombrante ed estranea.

In tempi di maggioritario, quando la sola cosa che conta è vincere, perché chi vince si porta via tutta la posta, la sinistra politica e sindacale non può perpetuare nel suo immaginario l’idea del riformismo come scelta elitaria, vocazione minoritaria di indipendenti di sinistra da esibire come fiori all’occhiello alle elezioni.

Da parte sua, il riformista nel maggioritario sa che per la sinistra è necessario tenere salda la propria base identitaria; sa che la leadership spetta a chi è capace di una forte presa sul proprio retroterra, ma vede le ambiguità dell’esito del congresso DS di Pesaro, le rivede in quello della Margherita a Parma (perché che cosa è se non il trionfo dell’ambiguità fischiare Pezzotta a difesa di Cofferati e applaudire De Mita contro Parisi?).

Il cerchio quadra se sinistra identitaria e sinistra riformista riconoscono insieme che il mondo è cambiato e non valgono più le analisi di classe, e per fare 51 per cento e conquistare ceti moderati ci vogliono proposte e riforme che parlino al portafoglio oltre che al cuore. La fiammata agitazionista di questi tre mesi è il successo di chi rimproverava alla leadership diessina e ulivista la mancanza di spina dorsale nel far vibrare le corde del popolo di sinistra.

Ma nessun paese europeo è stato conquistato dalla sinistra sulla base di un programma massimalista, dopo le presidenziali vinte da Mitterrand nel 1981 a distanza di due anni dalle quali il leader francese dovette di punto in bianco cambiare spartito.

Se pone le basi, come ha scritto Asor Rosa, per tornare all’unità del vecchio Pci unico partito del lavoro, allora la dimostrazione di forza del Circo Massimo varrà forse a sconfiggere D’Amato.

Ma per sconfiggere Berlusconi nelle urne, il riformista serve più delle piazze piene.

Fu la lezione di Romano Prodi, nel 1996.

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