Un ubriaco a bordo e l'Italia si ferma

aprile 23, 2008


Pubblicato In: Giornali, Vanity Fair

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da Peccati Capitali

Il 2 Aprile il T Biz Milano Roma delle 6:35 arrivò con quasi un’ora di ritardo. È il fiore all’occhiello delle Ferrovie dello Stato, facendo un’unica fermata a Bologna, impiega 4 ore: in attesa dell’alta velocità. La causa del ritardo? Ufficialmente, un ubriaco a bordo; in realtà, un po’ diversa.

Non è vietato salire in treno un po’ ubriachi, né a uno un po’ barbone sedersi in prima. Ma quello era senza biglietto. Il controllore lo segnala al capotreno, il capotreno a Bologna invita l’abusivo a scendere. Al suo rifiuto, pare accompagnato da qualche mala parola, chiama la Polizia Ferroviaria. Arrivano due agenti, lo fanno alzare, poi subito riaccomodare: constatato che barcollava, si bloccano chiedendo intervento di un’ambulanza. Fra capotreno, polizia, ambulanza, son passati buoni tre quarti d’ora.

Aveva ragione il capotreno: barbone o no (viaggiavo nella stessa carrozza e non mi ero neppure accorto della sua presenza), senza biglietto non si viaggia. Aveva ragione la polizia, che non vuole rischiare l’accusa di aver torto un capello a un ubriaco, pardon, a un diversamente dissetato. Aveva ragione l’ambulanza: non c’era pericolo di vita, dunque codice verde. Avevano ragione tutti. Salvo i cento e più passeggeri: loro il biglietto l’avevano pagato, avevano bevuto solo un caffè, e sono arrivati a Roma quasi un’ora dopo. Alle Ferrovie poi, il mancato provento di un solo biglietto potrebbe costare più di cento volte come rimborso a tutti i passeggeri paganti (e magari come straordinario al personale del treno).
E’ ciò che succede quando si perde di vista il senso di quello che si fa, e si punta solo al minimo di responsabilità con il massimo di protezione. Bastava che il capotreno prendesse l’iniziativa di chiamare la polizia a Roma, o il poliziotto quella di restare sul treno a fare da scorta. Quello che è successo sul T Biz delle 6 35, fa venire in mente ciò che succede nelle scuole, dove gli insegnanti non sanno più il significato di quello che dovrebbero insegnare e gli allievi non credono al valore di quello che dovrebbero apprendere; negli ospedali, dove i medici hanno perso di vista che cosa ne inceppa il funzionamento; nei tribunali, dove PM e giudici neppure più vedono la coda di chi reclama giustizia da anni. Per questo dedico questo racconto a chi sarà risultato eletto lunedì sera: perché ricordi quello che sopra tutto esigiamo da loro, ridare agli italiani tutti il senso delle cose che fanno. Perché esistono le soluzioni alternative: in questo caso organizzare una colletta tra tutti i passeggeri per pagare all’ubriaco biglietto e multa. Insomma arrangiarsi. Ma poi diventa più difficile fargli credere che non pagare (tutte) le tasse è un peccato capitale.

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