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→  novembre 23, 1995


A un anno dall’emanazione della direttiva volta a indurre le fondazioni a di smettere le partecipazioni bancarie, Dini ha ammesso che bisogna cambiare metodo: «La proprietà di molte banche rimane ancora pubblica – ha detto a Bologna il 4 novembre – dunque abbiamo percorso solo metà del cammino. Se più di questo non poteva farsi nell’ambito delle leggi vigenti comincia ora a diffondersi la convinzione che dette leggi debbano essere riviste, al fine di trasformare gli enti proprietari e accelerare il processo di privatizzazione delle banche. Condivido il fine e non escludo che modifiche legislative siano necessarie». L’opportunità di agire con strumenti legislativi riceve così un autorevole avallo.

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→  novembre 4, 1995


C’è qualcosa di marcio nell’anima delle società europee» titolava il Financial Times del 9 luglio 1994. I casi, prima e dopo di allora, di gravi perdite riconducibili a errori o abusi dei manager, senza che i controlli funzionassero, si sono accumulati in maniera impressionante, portando in primo piano il problema della corporate governance, da cui prende le mosse Gianni Nardozzi battaglia perduta per la trasparenza’, Sole 24 Ore del 15 Ottobre) e che Il Sole ha affrontato in un’inchiesta pubblicata il 18, 21 e 26 luglio.

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→  ottobre 24, 1995


Per Domenico Siniscalco, la mia proposta di legge sulla privatizzazione delle banche possedute da fondazioni porta a una «dannosa radicalizzazione». Non credo che sia radicalizzare porre al processo limiti di tempo e obiettivi di quota azionaria residua; dannosa è certo una situazione che pregiudica la privatizzazione di tanta parte della nostra economia.

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→  ottobre 10, 1995


Il ministro delle Poste Gambino ha consegnato il disegno di legge che dovrebbe liberalizzare le Tlc. Quale ne è la filosofia di fondo? «Ci si rende conto – si legge nella relazione – che si tratta di norme di particolare vincolo allo sviluppo integrato dei vari settori della comunicazione. Tuttavia sia il parlamento che questo governo ritengono che nell’attuale assetto del mercato della comunicazione sia necessario evitare il formarsi o il consolidarsi di posizioni dominanti». La frase rivela un errore concettuale: Gambino, col pretesto di evitare il rafforzarsi di posizioni dominanti, consente la convergenza tra telefono e Tv solo a soggetti condannati, per i limiti posti dalle legge, a non poter mai competere con il monopolista: che così viene protetto.

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→  settembre 25, 1995


La polemica estiva sui confronti tra Enel e sistema elettrico inglese si potrebbe liquidare osservando che trarre dagli andamenti dei prezzi argomentazioni a favore o a sfavore degli assetti dei settori, induce ad affermazioni non scientifiche (in senso popperiano) in quanto non confutabili: infatti paragonando un sistema pubblico e unitario con uno privato e pluralista, dal confronto dei numeri non si potrà mai desumere quanto sia dovuto alla differenza tra pubblico e privato e quanto a quella tra unitario e pluralista.

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→  settembre 16, 1995


Conoscevo per letture il professor Minervini, Presidente della Fondazione Banconapoli, come equilibrato uomo di dottrina. Leggo ora che la mia proposta di privatizzazione delle banche possedute da fondazioni lo induce a paragonarmi a un persecutore di ebrei (Sole 24-Ore del 15 settembre, pagina 27). Poiché una simile qualifica rivolta proprio a me risulta paradossale prima ancora che insultante, posso solo concludere che compiti difficili, se non impossibili — riportare al Banconapoli redditività, trasparenza ed efficienza — inducono anche i migliori a disperare di sé.

Commento di Alessandro Penati
Commentando il disegno di legge sulla privatizzazione delle fondazioni bancarie, del quale sono uno degli autori, Gustavo Minervini (Il Sole-24 Ore, 15 settembre 1995) lo paragona all’obbligo di vendita dei beni che i nazisti imposero agli ebrei. Nella scala dei valori, ho sempre messo al primo posto la libertà intellettuale. Per questa ragione, rispetto qualsiasi critica, anche la più feroce. Ma proprio per questa ragione, ho trovato il parallelo con una delle pagine più opprimenti della nostra storia particolarmente ingiusto.