→ marzo 6, 2011

di Hyung Song Shin
“Risk and Liquidity” di Hyung Song Shin è l’analisi dei meccanismi endogeni con cui i fenomeni si propagano e si amplificano all’interno del sistema.
Per studiare il comportamento del sistema finanziario Shin fa largo uso di modelli, ma la sua limpida descrizione dei fenomeni è accessibile a chi non si lascia scoraggiare dal formalismo matematico.
Risk and Liquidity
di Hyung Song Shin
Oxford University Press, UK
Luglio 2010
ARTICOLI CORRELATI
Da ogni boom crisi inaspettate
di Franco Debenedetti – La domenica del Sole 24 Ore, 06 marzo 2011
→ marzo 6, 2011

“Ha presente, Ma’am, il Millennium Bridge?” Nessuno degli economisti della London School apostrofati da Elisabetta con la battuta, forse la più famosa del suo lungo regno, per non aver saputo prevedere la grande crisi, osò ricordarle il ponte che lei stessa aveva inaugurato nel Giugno del 2000, e che dovette essere chiuso e rinforzato a causa di pericolosi sbandamenti. Eppure, osserva Hyung Song Shin, il fenomeno è lo stesso: un shock endogeno, cioè prodotto e amplificato da meccanismi interni al sistema.
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→ febbraio 18, 2011

di Francesco Forte
1. Il 30 Aprile 1993, davanti all’Hotel Raphael, il popolo viola d’allora lanciò un cesto di monetine contro Bettino Craxi, il pentapartito e la prima Repubblica. Era l’inizio dell’operazione giustizialista, a cui è seguita la cannibalizzazione e la svendita della maggior parte dell’apparato di grandi imprese italiane. Il gruppo Ferruzzi, Montedison Finsider, Italtel, T SME, Enichem, mentre Olivetti fu svuotata come impresa elettronica e trasformata in compagnia di telefonia cellulare e Telecom Italia, oggetto di scalate successive, non assumeva il ruolo di avanguardia tecnologica che, come campione nazionale, avrebbe potuto avere. Era stato, così, colpito il motore della crescita industriale italiana. L’apparato bancario imprigionato nella nuova gabbia delle Fondazioni bancarie risultava inadeguato alle funzioni di sostegno all’ investimento delle imprese sul mercato internazionale.
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→ febbraio 14, 2011

dal blog La nostra Storia di Dino Messina
Colbertismo è stato per un trentennio una parola con accezione negativa. In principio era Reagan e la deregulation, anno di grazia 1980. Trent’anni di liberismo sfrenato che sono naufragati nella grande bolla finanziaria scoppiata nel 2008. Con l’intervento del presidente Usa Obama per salvare banche e industria, la parola impronunciabile è tornata in auge. E così il nome di Jean Baptiste Colbert (1619-1683), il grande funzionario pubblico nato a Reims che fu per 40 anni al servizio dello Stato francese, e per circa un ventennio fu il controllore generale delle finanze sotto Luigi XIV, il Re Sole che nei decenni successivi alla morte del suo stimato ministro fece in tempo a rovinare le finanze dello Stato.
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→ febbraio 13, 2011

Intervento pubblico
L’approfondita biografia scritta da d’Aubert offre una doppia lettura dell’uomo di potere: quella privata e le imitazioni
“Colbert è tornato”: quando nel settembre 2007 gli americani vedono il Governo salvare, sostanzialmente nazionalizzandole, banche, assicurazioni, fabbriche di automobili, basta quel nome ad esprimere lo sconcerto. Quando anche in Europa si susseguono interventi più o meno scoperti, non sempre e non da tutti il nome di Colbert viene usato come segnale di pericolo. Chi già si fida poco della mano invisibile, e ritiene che i mercati in generale e quelli finanziari in particolare debbano essere sorvegliati e tenuti a freno, vede nella crisi finanziaria la conferma dei propri pregiudizi. Di fronte alla paura – delle merci cinesi e della finanza americana – la speranza è riposta nel limitarne l’afflusso e nel sostenere l’economia reale con le politiche industriali: colbertismo non è più una brutta parola.
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→ febbraio 8, 2011

La patrimoniale sembra, per il momento, respinta: quella “vera”, cioè l’operazione di finanza straordinaria, per tagliare con una botta secca lo stock del debito, non quella dello stesso nome, ma di finanza ordinaria, per modificare la composizione del flusso delle imposte, tassando anche il patrimonio oltre il reddito, in costanza (si vuol sperare) di pressione fiscale. Anche se sul Sole 24 Ore di domenica scorsa Giuliano Amato è tornato a parlarne e la scorsa settimana anche Pellegrino Capaldo è intervenuto di nuovo sul tema con una lettera sul Corriere della Sera.
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