La correlazione che istituisco tra i due fatti, femminicidioo e suicidio, dato che chi uccide conosce la pena in carcere che lo aspetta, probabilmente fino alla morte, è stata negata da Daniela Amenta: “gli autori di femminicidio” afferma “escono dal carcere in media dopo 10 anni. I dati sono agghiaccianti. Con la riforma Cartabia gli assassini delle donne possono avere la pena ridotta. Poi ci sono i casi di domiciliari per malattia o problemi psichiatrici, fino a eclatanti errori giudiziari.”
Le sue affermazioni sono radicalmente negate da Luigi Manconi, sottosegretario con Prodi, senatore dal 1994 al 2001, “le pene sostitutive” scrive “non riguardano né gli omicidi volontari, né quelli preterintenzionali, che sono puniti nel minimo con 10, 21, 24 anni (nel caso di omicidio della compagna) e fino all’ergastolo nei casi aggravati (per esempio in casi in cui vi sia anche violenza sessuale). Nella pratica, i condannati a pena temporanea non accedono alla detenzione domiciliare o all’affidamento in prova prima di essere arrivati a uno-due anni dal fine pena. Il che significa che, nei casi dei femminicidi, condannati a pena tra i 21 anni e l’ergastolo, è improbabile (mai visto un caso contrario) che possano accedere ai permessi prima di almeno quindici anni di carcere e a un’alternativa alla detenzione prima di averne scontati venti.”
Le riporto integralmente entrambe.
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