Se l’Europa ci divide

novembre 9, 2000


Pubblicato In: Giornali, Panorama


La politica estera sta occupando il centro del dibattito politico. Perché succedesse, ci volevano le guerre, quella fredda o quelle calde, nel Golfo o nei Balcani. Sull’Europa di solito si registrano da noi consensi quasi unanimi. Invece proprio i temi europei sono en­trati di prepotenza in questa lunghissima campagna elettorale. Al punto che oggi il problema non è tanto se sia possibile arrivare a un compromesso, ma addirittura se sia opportuno provarci.


Alla conferenza intergovernativa di Nizza, il capo dello Stato vor­rebbe ardentemente che l’Italia si presentasse con un documento bipartisan; e Giuliano Amato mette il tema al centro della sua in­tervista al Corriere della sera di lunedì scorso. Fosse solo per i pro­blemi in agenda a Nizza, allargamento all’Est, voto a maggioranza, integrazione. il «wider» opposto al «deeper», nessuno si scandaliz­zerebbe per le divergenze tra gli stati e negli stati.

È sui pilastri della costruzione europea che da noi le forze politi­che si stanno dividendo: politica di bilancio e rifiuto di posizioni xe­nofobe e razziste. In nessun paese dell’euro una parte accusa l’al­tra di politiche economiche che violerebbero i limiti ai deficit posti dal patto di stabilità. Invece in Italia la maggioranza accusa la Casa delle libertà di farci uscire dall’Europa con il suo programma eco­nomico che promette tagli alle imposte prima di aver tagliato le spe­se. In tutti i paesi europei ci sono partiti estremisti, ma solo da noi l’opposizione ac­cusa la maggio­ranza di propalare l’idea che quello di Umberto Bossi sia haiderismo in incubazione, e di farlo col recondito fine di chiedere ai partner europei di interferire negli affari di casa nostra, come già fecero con l’Austria. I vari temi formano a tal punto una miscela esplosiva che un commentatore autorevole come Gian Enrico Rusconi (La Stampa del 31 ottobre) giudica che i diversi esponenti del Polo si stiano spingendo su «posizioni estre­me». Esibire una posizione concorde conviene al governo, che in­cassa in Parlamento un riconoscimento unanime, e all’opposizione, che porta a casa la patente di buona condotta europea. Ma con­viene al Paese nascondere i problemi sotto il tappeto, quando due pilastri della costruzione europea (il pareggio di bilancio e il rifiuto della xenofobia) sono già oggi al centro della campagna elettorale?

Il capo dello Stato esercita autorevolmente la sua funzione nel chiedere una politica bipartisan. Ma né il magistero di Ciampi né l’abilità di Amato possono magicamente ottenere l’effetto di azzerare d’un colpo quella terribile propensione alla reciproca delegit­timazione che continua, purtroppo, a costituire «l’arma finale» de­gli schieramenti italiani in campagna elettorale. Se è vero che in Italia ci sono due idee di Europa, allora si abbia il coraggio di dirlo chiaro: a Nizza a novembre, ma soprattutto agli italiani ad aprile.

O quando sarà.

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