→ settembre 23, 2002

Le chances della coalizione rosso verde sono appese al vero vincitore delle elezioni tedesche, Joschka Fischer: al governo, egli ha dato al suo partito per la prima volta linearità e coerenza, ha saputo mantenere ferma la barra della politica estera tedesca, più federalista verso l’Europa e più leale verso l’America del suo cancelliere.
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→ settembre 20, 2002

«Capitalia e Unicredito sono in conflitto d’interesse» è il catenaccio alla mia intervista su Mediobanca. Tutto il contrario di quanto ho detto, e che il testo correttamente riporta: «Io non credo che questa situazione si possa connotare come conflitto di interessi». Aggiungendo «anche per non inflazionare l’espressione e riservarla al conflitto che ben conosciamo.
→ settembre 20, 2002

Il progetto Gasparri
Sulla RAI, c’era stato lo sprazzo di qualche interessante idea all’inizio della passata legislatura. A spegnerlo, era subito intervenuto il “partito RAI”. E si era ritornati al solito programma: lamentele e polemiche tante, idee e soluzioni poche. Adesso il Ministro Gasparri ha presentato, e il Governo approvato, il ddl “Norme di principio in materia di riassetto della RAI”: un testo ambizioso, che contiene interessanti novità sul piano dei principi, ma che, quando si passa a come attuarli, presenta contraddizioni interne.
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→ settembre 20, 2002

“Quattromila franchi, capisci, quattromila franchi perché andavo a 80 chilometri l’ora mentre il cartello diceva 50!” Peter é svizzero, era mio compagno nelle medie, a Lucerna, dove eravamo scappati nel novembre del ’43. E svizzeri, naturalmente, sono anche i franchi. “Sai, mi spiega, se l’infrazione era grave, mi levavano la patente. Il fatto é che la multa non é proporzionale all’entità dell’infrazione, ma all’entità del patrimonio e del reddito.
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→ settembre 19, 2002

Intervista di Laura Matteucci
Senatore Debenedetti, che opinione si è fatto di quanto sta accadendo a piazzetta Cuccia?
«Per orientarsi, ci si può riferire ai grandi principi generali: quello che le aziende devono creare valore per i loro azionisti; oppure il principio per cui, anche se oggi le banche possono detenere partecipazioni in aziende industriali, la situazione ottimale è quella in cui sono gli individui, direttamente o tramite i fondi pensione, a possedere le azioni delle aziende. Tutte cose ovviamente giuste e condivisibili, da perseguire in una prospettiva di lungo temine. Nell’immediato, io credo che si debba concentrare l’attenzione su un obiettivo molto rilevante per il nostro Paese, per ragioni sia economiche che politiche. Questo obiettivo per me è l’indipendenza di tre soggetti. Innanzitutto, quello dell’unica nostra grande impresa europea, tra l’altro l’unica vera public company italiana: le Generali».
E di Mediobanca, immagino.
«Esatto, l’indipendenza di Mediobanca, che è – non dico l’unica per non offendere nessuno – ma certo la nostra maggiore merchant bank. E infine l’indipendenza del Corriere della Sera, il nostro maggiore giornale. Indipendenza nel senso che le loro identità aziendali vengano preservate, la loro gestione e i loro obiettivi non siano subordinati a quelli dei soggetti controllanti. Anche perché queste sono le condizioni della crescita. Per esempio è importantissimo che Rcs cresca e si rafforzi, magari con l’ingresso in Borsa: è fondamentale che entri nella partita per privatizzare la Rai, in modo da fare uscire il Paese dal duopolio pubblico privato, che avvantaggia tanto Berlusconi».
La porta girevole delle Generali si è aperta ancora una volta, con l’uscita di Gianfranco Gutty e l’arrivo di Antoine Bernheim: adesso che succede?
«Parlavo prima di crescita: è indubbio che i risultarti di Generali non sono stati soddisfacenti. Un esempio: l’Ina, un’acquisizione pagata cara, non sembra abbia portato ad una sua valorizzazione, che ne abbia utilizzato tutto il potenziale».
Quale sarà l’esito della partita che si è aperta in Mediobanca?
«Non faccio previsioni, come politico posso solo indicare quelli che a me sembrano gli interessi generali da perseguire: credo di averli individuati in questa indipendenza, e quindi penso si debbano giudicare gli esiti alla luce di questo obiettivo».
La strada intrapresa le sembra quella più giusta, rispetto all’obiettivo che ha indicato?
«È presto per dirlo».
C’è chi all’origine di tutti i problemi vede il conflitto d’interessi tra Mediobanca da un lato e Unicredit e Capitalia dall’altro. È d’accordo?
«Capitalia e Unicredit sono i due soci bancari di Mediobanca. Hanno proprie ambizioni di merchant banking, e partecipano al capitale di una merchant bank. Io non credo però che questa situazione si possa connotare come conflitto di interessi. Anche per non inflazionare l’espressione e riservarla al conflitto che ben conosciamo. Io lo chiamerei un conflitto operativo, tra due opzioni: sviluppare un business all’interno, o partecipare ad uno esterno al perimetro aziendale. I manager devono scegliere tra due opzioni. Con un caveat, nello specifico. Nessuna grande banca ha avuto successo nel merchant banking. Del resto, anche IntesaBci ha acquisito una partecipazione in Lazard, ma c’è da ritenere che le lascerà grande indipendenza operativa, senza cercare di integrarla».
→ settembre 16, 2002

Non ero in piazza San Giovanni. E non commetto l’errore di giudicarla solo da alcuni spunti. Per quelli che la pensano come me Berlusconi è l’avversario e il suo governo sta facendo male: ma ciò non significa dire che è «estraneo alla democrazia», né proporsi di estrometterlo a spallate giudiziarie, né tanto meno poi equiparare Bush a Saddam Hussein. Su nessuna di queste tre cose una sinistra riformista, che si batta per governare un paese occidentale a economia di mercato, può essere d’accordo.
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