Operai azionisti? E se vogliono scioperare?

giugno 11, 2008


Pubblicato In: Giornali, Vanity Fair

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da Peccati Capitali

Si riparla di dare a operai e impiegati azioni dell’azienda in cui lavorano. Singolare modo di parlare di “dare”. Perché sono i dipendenti a “dare” del loro, sotto forma di forma di TFR accantonato, o di danaro risparmiato, o di incentivi meritati, o di fedeltà impegnata. Uno scambio dunque: che però va contro una serie di principi.

1. Contro il buon senso. Mai mettere tutte le uova in un paniere, dice il proverbio. Comperando azioni, sia il reddito sia il patrimonio del dipendente dipendono dal buon andamento dell’azienda in cui lavora.

2. Contro le regole. Diversificare è la regola numero uno dell’investitore professionale: tutti i fondi hanno l’obbligo di non investire più di una piccola quota su singoli titoli.

3. Contro l’equità. Le aziende quotate sono poche, e dare azioni di imprese non quotate sarebbe una beffa. Quindi si introdurrebbe una spaccatura tra lavoratori (tra l’altro i più interessati alla fluidità del mercato del lavoro).

4. Contro la giustizia. I grandi capitalisti diversificano facendosi la loro finanziaria, i meno grandi li imitano secondo le loro possibilità. Il dipendente investa tutto quello che ha nell’azienda a valle, il padrone diversifica a monte.

5. Contro la libertà. Di cambiare lavoro: che senso avrebbe restare investito nell’azienda in cui si lavorava prima? se il titolo è andato giù, bisogna tenerselo? E se uno vuole scioperare?

6. Contro l’efficacia: bisogna che si veda chiaramente il rapporto tra ciò che si fa e ciò che si riceve. Invece l’andamento in Borsa del titolo dipende da decisioni e circostanze fuori dal controllo della quasi totalità dei dipendenti.

7. Contro la lealtà. Perché le loro azioni contino qualcosa in assemblea, tutti i dipendenti dovranno conferirle a qualcuno, probabilmente i sindacati, che ha interessi suoi propri.

Interesse dei dipendenti è avere una quota possibilmente cospicua dell’utile aziendale, non una quota inevitabilmente modesta dei capitali di aziende gestite da altri. “Capitali” sono qui piuttosto i (sette) peccati che si commettono inducendoli a uno scambio così svantaggioso.

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