Maiali tatuati e libertà di cambiare

settembre 21, 2010


Pubblicato In: Giornali, Vanity Fair


da Peccati Capitali

Wim Delvoye è belga, disegna e pratica tatuaggi sulla pelle di maiali vivi: dopo la macellazione ritaglia, inquadra e vende. Contestato dagli animalisti, non gli è servito invocare la libertà artistica, ma ha dovuto dimostrare che l’operazione non è espone l’animaletto né a dolore né a rischio sanitario.

Ha invocato invece il primo emendamento della costituzione il giudice californiano Jay S. Beebee, per dare torto alla cittadina di Hermosa Beach che, facendo leva sulle norme sanitarie, aveva bandito i tatuatori dalla spiaggia: la protezione costituzionale della libertà di espressione, ha sentenziato, non dipende dalla superficie su cui è scritta.

Confesso di provare una sorta di repulsione – una questione di pelle, letteralmente – verso i tatuaggi. Anziché lasciare che l’immagine di sé si componga attraverso parole e gesti, il tatuaggio ostenta relazioni personali, opinioni, gusti, me li sento buttati in faccia, e provo l’imbarazzo con cui si guarda un’esibizione in qualche modo oscena. Soprattutto provo un senso di pena per le inutili delusioni a cui si espongono quelli che scelgono di farsi marchiare con un segno indelebile. Gli amori finiscono, le certezze vacillano, i gusti cambiano: mentre ci si può riconciliare con storie passate ricomposte nel ricordo, la fissità del segno impresso su di sé impone in modo violentemente costrittivo di rimanere se stessi. Oltre alla libertà di espressione artistica, alla libertà di parola, c’è la libertà di cambiare. Cambiare governanti in modo incruento è il privilegio delle democrazie; cambiare rielaborando il proprio passato è il privilegio dell’uomo libero.

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