Liechtenstein: il sogno nella cassetta di Rocco

marzo 12, 2008


Pubblicato In: Giornali, Vanity Fair

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da Peccati Capitali

L’onorevole Rocco Buttiglione è persona colta e garbata, parla molte lingue e ha letto molti libri. Ma quello per cui più l’invidio è la sicurezza nelle proprie idee, il tranquillo candore e la buona fede con cui le professa, incurante degli sconquassi che può provocare il renderne testimonianza. Il che a volte succede.

Fu tempesta al Parlamento di Strasburgo nell’ottobre 2004: audito per la nomina a commissario, rispose con evangelica chiarezza che lui, cattolico osservante, considerava “l’omosessualità un peccato, ma non un crimine”. Perse il posto, sia quello di commissario per Giustizia, libertà pubbliche e sicurezza, sia quello di vice presidente con un diverso portafoglio. Protestò, ma con misura; osservò, ma con distacco, gli scontri tra atei devoti e laici voltairiani, i lazzi su “Rocco e i suoi fratelli” e le compunte difese dell’uguaglianza senza distinzione di preferenze sessuali .

Fu un vero terremoto quello che provocò quando, Ministro per le Politiche Comunitarie, introdusse nella Finanziaria 2002 un emendamento che esentava gli enti pubblici locali dall’obbligo di indire una gara per assegnare la fornitura di servizi, nel caso in cui la società che deve fornirli fosse di proprietà dell’ente stesso. Chiunque capisce quali interessi, politici ed economici, stiano dietro a un simile provvedimento, chiunque intuisce lo “spessore” della posta in gioco. Ma sono sicuro che fu un qualche principio aldisopra di queste meschinerie a indurre il Ministro Buttiglione a presentare il suo emendamento. Il Parlamento sciaguratamente approvò; i comuni prestamente si misero a costituire aziende in house, cioè proprie società a cui affidare forniture evitando la gara; e i cittadini pagarono più cari i servizi. E continueranno a pagare: il Parlamento è stato sciolto prima che venisse approvato il ddl Lanzillotta che ripristinava l’obbligo di gare in ogni caso.

È una vera bomba quella dei conti in Liechtenstein, e della lista dei nomi che Visco terrebbe segreta. Alcuni denunciano il modo con cui si è entrati in possesso di quelle informazioni, cioè corrompendo un impiegato infedele inducendolo a compiere un atto illegale. Altri denunciano i possibili usi impropri di quella lista, specie in periodo elettorale, sia per la minaccia tenuta indefinitamente sospesa, sia per i tempi e i modi con cui verrà resa pubblica. Altri infine difendono segreto bancario e paradisi fiscali, che sono il solo deterrente capace di mettere un freno all’ingordigia del fisco e agli sprechi dei governi. Invece il nostro, “alla domanda di un collega” risponde candidamente su Libero che il suo conto nel Granducato – poca cosa, qualche migliaia di euro – lo conservava “per un motivo sentimentale”, il desiderio di “tornare a insegnare”. Altri avranno gioielli, ville e titoli in cassetta. Lui ha “un sogno nel cassetto”. Professore, dia retta, lo realizzi.

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