Le occasioni perdute pagate dai disoccupati

settembre 6, 2001


Pubblicato In: Giornali, Panorama


Da Governo, Sindacati e Confindustria, nessuna proposta davvero coraggiosa

“Libertà di assumere, non libertà di licenziare”. Con questo ineccepibile richiamo agli impegni del programma elettorale, Giulio Tremonti ha chiuso la discussione sull’abolizione dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, innescata dall’intervista di Antonio Marzano, infiammatasi con la reazione di Roberto Maroni, e che ancora una volta aveva messo in luce l’abilità di Umberto Bossi di volgere a proprio profitto tutte le possibilità offerte dalla spaccatura tra le due anime della maggioranza, quella liberista e quella populista.

Che cosa vuol dire in concreto “libertà di assumere”? E’ probabile che si tratti di un nuovo tipo di contratto di lavoro, un’assunzione a tempo indeterminato senza il divieto di licenziare per giustificato motivo economico: ma senza toccare formalmente l’art.18. Un compromesso dunque, che non offre alle industrie un mercato del lavoro più efficiente, e non offre nulla di fatto alla maggioranza di quelli che lavorano o che cercano lavoro. Gli inconvenienti tecnici sono già stati contestati da più parti a Marzano. Verso Tremonti conviene metterne in luce i prezzi politici: quello che paga la maggioranza per la sua decisione di oggi, e quelli che pagano sindacati e Confindustria per le non decisioni di ieri.

La risposta di Tremonti è un ammiccamento complice alla Lega, e vuole essere una rassicurazione verso Confindustria: una risposta furba, come è nello stile dell’uomo, una risposta autorevole, come è della caratura politica della personalità di maggior spicco nel Governo. Ma anche una grande occasione persa. Tremonti afferma esplicitamente che sarà la fiducia degli operatori economici il motore del “nuovo miracolo”: e proprio per il valore simbolico che ha assunto l’articolo 18 poche cose come la sua abrogazione avrebbero il potere di galvanizzare le aspettative degli imprenditori.
Perché Tremonti ha accettato di pagare questo prezzo? Perché è ancora in corso la definizione dei rapporti di forza all’interno della maggioranza? Più verosimile che il governo non abbia ancora preso le misure del sindacato: non c’è solo l’articolo 18, ci sono le pensioni, c’è il milione di dipendenti della scuola. La legislatura è lunga, il progetto del Governo è ambizioso, non è il caso di rischiare i passi falsi del ’94.
Il compromesso di Tremonti incombe come una minaccia per la già incrinata unità del sindacato. E’ questo il prezzo maggiore che paga il sindacato per l’occasione perduta. Non aver capito che a richiedere la modifica dello statuto dei lavoratori non sono le ( incerte) ragioni di efficienza proclamate dagli industriali, ma assai più le ragioni di equità reclamate dalla maggioranza ormai di quelli che lavorano e che cercano un lavoro. Non aver capito che la rinuncia a difendere il privilegio di una minoranza era l’irripetibile occasione per rinegoziare con al sinistra era al governo, da posizione vantaggiosa, un sistema di tutele per tutti i lavoratori, per la minoranza che ha tutto e per la maggioranza che non ha niente.
Ragioni di riflessioni ci sono anche per Confindustria. Vi sono rappresentate una minoranza di grandi industrie ai cui problemi si trova sempre una soluzione, e la maggioranza di quelle piccole che si devono aggiustare. Quando le discussioni si isteriliscono nei dettagli, bisogna saper cambiare il gioco. E’ l’occasione per lanciare una proposta che spiazzi, una proposta, coraggiosa e diversa, che affronti i problemi delle tutele e del welfare e del finanziamento dell’industria. Una proposta che comprenda gli interessi della maggioranza dei lavoratori e della maggioranza delle industrie. Un’occasione per dimostrarsi classe dirigente.

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