Confusione nucleare

dicembre 1, 2003


Pubblicato In: Giornali, La Stampa

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Il pasticcio di Scanzano

Nessuno vuole avere le scorie nucleari; tutti vorrebbero ospitare la sede del nuovo Istituto Italiano di Tecnologia. Risolviamo due problemi in un sol colpo: sede del “MIT italiano” sia la Regione in cui si deciderà di localizzare il deposito di materiale radioattivo.

Non si tratta di proporre alle popolazioni uno scambio indecente, radiazioni contro istruzione, o di chiedere agli scienziati di far da cavia per i propri calcoli, o di obbligare Faust a coabitare con Filemone e Bauci. Paradossale? Nient’affatto: la proposta ha una logica che rimanda alle ragioni di fondo per cui un Paese si decide a un grande salto in avanti nella ricerca scientifica. Paradossale è invece che, proprio mentre il governo stanzia i fondi per questo investimento, si verifichi un episodio, come quello di Scanzano, in cui tutti, la comunità politica, quella scientifica e quella locale, hanno collezionato una serie di brutte figure, di cui come Paese dovremmo vergognarci.

La politica: è venuta meno al suo compito primario di convincere e di decidere. Il Governo invece ha ordinato quando doveva convincere, e si è dovuto quindi ritirare quando avrebbe dovuto farsi rispettare.

La comunità scientifica: più che per convincenti documentazioni di studi, si è segnalata per una desolante esibizione di studiosi; che ha mostrato le rancorose gelosie, gli interessi per confortevoli orticelli, gli ego smisurati che fioriscono in un mondo che si vorrebbe fondato sulla oggettività dell’esperimento scientifico e della logica deduttiva.

La società cosiddetta civile: si è dimostrata priva di difese immunitarie verso i timori irrazionali, disponibile dunque ai mestatori che usano i millirem per farsi campagna elettorale, e i pregiudizi antiscientifici per infiammare pregiudizi regionali. Una confusione in cui il populismo meridionalista viene esaltato come ritrovato sentimento di patria (udito su RAI3 venerdì pomeriggio: quando si dice servizio pubblico!).

L’Italia non ha solo bisogno di eccellenza accademica e di specializzazione tecnologica, ma anche di colmare diffuse ignoranze, superstiziosi timori, radicati pregiudizi: ieri nell’opposizione agli OGM, nelle battaglie contro l’elettrosmog, oggi nella rivolta di Scanzano. Il Paese avanza non solo procedendo sulla frontiera estrema dell’innovazione, ma anche grazie alla diffusione di un atteggiamento vigile e positivo verso scienza e tecnologia. Agli scienziati garantiamo un ambiente propizio alle loro ricerche: ma chiediamo anche di uscirne ogni tanto, di scendere nelle viscere della terra e delle paure, di risalirne per parlare alla gente il linguaggio della scienza, dei rischi e delle probabilità.
Oggi a realizzare i collegamenti con le comunità scientifiche e col mondo industriale basta un satellitare, una fibra ottica, un computer, al massimo un aeroporto vicino. Nella scelta su dove collocare il “MIT italiano” non si pensi alle sue interazioni con altre torri d’avorio, ma agli effetti che può produrre con la sua sola presenza: vincere, là dove più si formeranno, resistenze e preconcetti; diffondere, là dove più serviranno, atteggiamenti positivi verso i ragionati dubbi e le provvisorie certezze della scienza.

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