Concorrenza nei treni?
La lega ha detto no

settembre 13, 2011


Pubblicato In: Giornali, Vanity Fair


dalla rubrica Peccati Capitali

Il “treno di Montezemolo” , come è chiamato l’NTV in attesa che il suo presidente decida se salire su quello della politica, dovrà adottare lo stesso contratto di lavoro di Trenitalia: lo esige un emendamento della Lega Nord al “pasticciaccio brutto” della manovra correttiva. L’intreccio tra ferrovie e politica attraversa tutta la storia d’Italia: “sinistra ferroviaria” fu chiamata quella che nel 1876 sconfisse la destra storica di Minghetti su una questione di nazionalizzazione delle ferrovie; per una storia di lenzuola, un secolo dopo, il nomignolo fu appioppato alla corrente di Claudio Signorile che permise a Bettino Craxi di conquistare la segreteria; nella visione faraonica di Lorenzo Necci, l’Alta velocità doveva essere al centro di un mega-kombinat cielo terra mare dei trasporti statali.

I giganteschi investimenti in strade ferrate godono del consenso dei costruttivisti favorevoli allo stato imprenditore, dei costruttori che ne sono favoriti, e dei ferrovieri, che non sono più i 90.000 di pochi anni fa, ma formano ancora il più grosso blocco di consenso organizzato dopo la fine dell’impresa fordista. Tutti uniti da un interesse: evitare la concorrenza. Ultimamente, tra la fantasia per un ponte impossibile e l’anarchia per un tunnel necessario, sembrava potesse realizzarsi il miraggio di potere scegliere tra treni in concorrenza, almeno come è per telefono, gas, elettricità. Vade retro, mercato! I binari sono uguali per tutti, i treni li fa per tutti l’Alsthom, resta solo la possibilità di differenziarsi nell’impiego e nella forma di retribuzione del personale: eliminarla subito! Un emendamento, la prosecuzione del monopolio con altri mezzi.

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