→ maggio 6, 2015

Al direttore
Chissà se nella riunione straordinaria del 23 aprile del Consiglio d’Europa per la “drammatica situazione nel Mediterraneo” si è parlato anche della sua straordinarietà. Sarebbe bastato guardare i numeri: nel periodo 2010-2014, mentre gli stranieri registrati nelle anagrafi comunali sono aumentati in misura modesta (20 per cento circa) e gli ospitati nei centri di accoglienza sono poco più che raddoppiati, coloro che sono sbarcati sulle coste italiane sono quasi 40 volte tanto. Per il 2015, l’aumento del 40 per cento registrato a tutto febbraio rispetto all’anno precedente, tenuto conto della stagionalità, lascia prevedere cifre inquietanti. La cifra del milione di persone che attendono di partire non è ancora una proiezione, ma non è più un’esagerazione. La drammatica differenza nei tassi di crescita indica che ci sono due tipologie di immigrazione, cioè che ai migranti “economici” si vanno progressivamente sostituendo i fuggitivi da guerre e sconvolgimenti politici. Dei 170 mila sbarcati nel 2014, 42.323 venivano dalla Siria, 34.329 dall’Eritrea, 9.908 dal Mali, 9 mila dalla Nigeria: l’aumento del flusso è tutto composto da persone che provengono da paesi devastati da crisi sanguinose.
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→ aprile 18, 2015

Qual è la vera consistenza della contrapposizione tra Commissione e Consiglio Europeo da un lato e governo greco dall’altro, che venerdì è tornata a far ballare i mercati con le Borse europee in rosso e lo spread tra Btp italiani e Bund tedeschi che ha lambito quota 150? Si trattasse di una questione economica, in un modo o nell’altro sarebbe già stata risolta: è chiaro che nessuno, tanto meno la cancelliera tedesca Angela Merkel, può accettare di avere più fronti aperti contemporaneamente, e che Ucraina e Stato islamico (Is) hanno peso e urgenza ancora maggiori.
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→ aprile 15, 2015

Sir,
No doubt, “if Greece does fall out of the euro, it will also fall out of Europe”, as Philip Stephens writes (“Europe faces more than a Greek tragedy”, April 10). No doubt, “the failure of the euro would mark the failure of Europe”. But there is no link between the two statements, namely that Greece falling out of the euro marks the failure of the euro. This would be the case should it happen for economic reasons: too high the cost, too vague the reforms, too big the risk. As a consequence the euro would not be perceived any more as a monetary union, but as a fixed exchange rate area, the markets would soon attack the weakest countries, the spread would rise, sooner or later there would be a second Greece.
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→ aprile 11, 2015

Al direttore.
Commenti e reazioni sulla strage al Palazzo di giustizia di Milano sono tutti per le falle nella sicurezza, per la dinamica degli avvenimenti, per l’identità delle vittime. Invece Eurointelligence di ieri osserva che il fatto accade in una crisi economica lunga e non ancora finita, e ricorda che episodi simili, seppur non così drammatici, sono avvenuti anche in Germania. Leggendo che il precedente avvocato di Giardiello stava per testimoniare contro di lui, il sito di Wolfgang Munchau si domanda se quanto avvenuto a Milano non debba indurre a riflessioni più generali: come i sistemi giuridici europei si pongono rispetto al fallimento; se non sia il caso di pensare a un approccio diverso, che tenga separate le questioni civili e quelle penali.
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→ aprile 8, 2015

di Franco Debenedetti e Nicola Rossi
Promuovere oggi in Italia un nuovo capitalismo di stato è paradossale. Come se un bulimico vedesse nei farmaci dimagranti l’origine dei suoi mali.
Se l’Italia avesse un’Alta Commissione Piani e Programmi, il suo presidente lamenterebbe sulle pagine dei principali quotidiani nazionali il “tradimento del capitale” e ricorderebbe che “ormai da un lustro ogni volta che viene posta sul mercato dei diritti di proprietà una grande impresa italiana nessun investitore italiano si fa avanti”. Sarebbe, anzi – come vedremo – è uno sconcerto comprensibile. L’idea che il mondo non si conformi alle prescrizioni dell’Alta Commissione Piani e Programmi deve apparire intollerabile al suo presidente.
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→ aprile 4, 2015

Caro direttore,
per ricordare, con Giuseppe De Rita, quanti «per anni hanno sostenuto che la debolezza del sistema Italia (venga) dal prevalere della piccola dimensione» ( Corriere di ieri) non è necessario avere buona memoria: lo si legge ancora oggi, ogni volta che un pezzo importante del nostro sistema industriale viene «svenduto». Ultimamente la vendita di Pirelli è stata per alcuni pretesto per teorizzare la necessità del ritorno dello Stato azionista, che, per interposta Cassa Depositi e Prestiti, surroghi quello che viene giudicato un tradimento del capitale.
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