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→  novembre 12, 2017


È vero che il titolo posto all’articolo (“La corsa alle privatizzazioni è costata allo Stato 40 miliardi”) non corrisponde al testo, dove Ettore Livini riconosce “i vantaggi economici non quantificabili” dell’averci consentito di agganciare l’euro, oltre ad aver generato “valore nelle ex-imprese statali” e contribuito “a sviluppare il sistema finanziario e ad ammodernare lo Stato”. Vorrei tuttavia fare la mia parte per dare “credibilità e qualità […] valori che i lettori cercano nella stampa” (come recita il titolo nella stessa pagina) aggiungendo un paio di chiose.

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→  novembre 7, 2017


Al direttore.
Per una volta non sono d’accordo col mio direttore. Ho letto il tuo pezzo sui pilastri del nuovo processo mediatico: il meccanismo per cui social media e intercettazioni sono un pericolo per la democrazia sarebbe lo stesso, cioè il diritto allo sputtanamento. Invece, secondo me, meccanismo a parte, le differenze sono sostanziali. Differenze di sostanza: i social sono una bacheca su cui tutti possono scrivere, le intercettazioni sono ordinate da un giudice e diffuse da giornali che hanno un direttore responsabile.

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→  novembre 3, 2017


Al Direttore.

A dir poco singolare che aziende che non hanno adeguatamente filtrato i messaggi e fatto l’esame del sangue ai siti che li immettevano in rete siano inquisite dal Parlamento USA, mentre continua ad essere presidente dello stesso paese chi di quelle attività ha beneficiato per diventarlo.

La risposta da Direttore.
Ha ragione l’Economist, come ha ricordato due giorni fa Paola Peduzzi:”È Trump che rimane costantemente e ispiegabilmente disinteressato rispetto alla Russia e alla possibilità che abbia attaccato la democrazia americana”.

→  novembre 2, 2017


Nessuno potrà chiamarsi fuori dalla grande rivoluzione tecnologica che sta mettendo in crisi il sistema tradizionale. Ecco gli strumenti per gestirla al meglio. Un libro

All’inizio degli anni Trenta, più del 40 per cento dei trust industriali americani fondati tra il 1988 e il 1905 era fallito, e quelli sopravvissuti erano diventati molto più piccoli. Certo, anche in conseguenza della politica antitrust di Teddy Roosevelt, ma soprattutto a causa dello shock della seconda rivoluzione industriale: ad avere il sopravvento furono le aziende per cui i motori elettrici furono non solo i sostituti di quelli a vapore, ma l’occasione per riprogettare i processi produttivi.

E’ quello che sta succedendo oggi con la rivoluzione della ICT, Information Communication Technology, solo su scala immensamente maggiore: nessuna industria potrà chiamarsi fuori. Per non fare la fine di chi non usò l’elettrificazione per cambiare il modo di produrre, per “governare il nostro futuro digitale”, bisogna aver chiaro quali sono i driver dell’innovazione che mettono in crisi l’organizzazione tradizionale.

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→  ottobre 26, 2017


Avvicinandosi la fine legislatura, l’agenda del Governo diventa vieppiù affollata: termini di legge da rispettareil DEF, la nomina del Governatore della Banca d’Italia-; grandi temi istituzionali da affrontarelegge elettorale, ius soli; ed anche numerosi e corposi dossier sui rapporti con le imprese. A questo riguardo, le posizioni prese dal Governo, tra i provvedimenti varati nel Consiglio dei Ministri del 13 Ottobre 2017 e gli ultimi (?) capitoli della vicenda reti Tim, vengono a definire una vera e propria nuova linea di politica industriale. Una politica che restituisce l’immagine di un Paese interventista, diffidente degli investitori esteri, convinto che sia necessario possedere per controllare, incapace di risolvere i guai delle politiche industriali del passato e incurante di quelli che produrrà quella nuova. Come si può constatare analizzandoli partitim.

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→  ottobre 20, 2017


Intervista di Giusy Caretto a Franco Debenedetti

Franco Debenedetti (IBL): la decisione di mettere persone indicate dal Governo nel board di un’azienda privata avrà conseguenze gravi per l’Italia e la sua economia.

La decisione di Golden power non piace a Vivendi, che dopo qualche giorno di quiete, ha deciso di cambiare le carte in tavola e affrontare il Governo italiano in tribunale. La società francese guidata dall’imprenditore bretone Vincente Bollorè farà ricorso al Tar.

Le misure prese da Palazzo Chigi, d’altronde, limitano non di poco i margini d’azione sul gruppo. Pur detenendo le attività di direzione e coordinamento, infatti, Vivendi aveva comunque dei vincoli importanti nelle decisioni su Tim, Sparkle e Tesly.

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