→ dicembre 10, 2011

Al Direttore.
Se Internet ti attira a riversare scritti e immagini, che poi restano per sempre accessibili; se i telefonini registrano, senza che tu ci pensi, dove sei e dove vai; se i movimenti di danaro anche bagatellari diventano tracciabili, e incrociabili con altri a tua insaputa: saremo ridotti a contare sull’abbassamento del livello di ciò che è socialmente accettabile per ricostituire uno spazio di libertà individuale? Se per risolvere i problemi dell’euro, paesi “virtuosi” imporranno ai “peccatori” di rendere anche “forte” il patto “stupido”, e di cedere a istituzioni non elette il potere di decidere su materie che toccano l’essenza del rapporto tra elettori ed eletti: mi dica, dove può andare uno che si sente straniero dov’è?
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→ dicembre 7, 2011

La vendita anche di piccoli cespiti avrebbe un alto valore simbolico
Le privatizzazioni fanno parte delle misure per il risanamento o di quelle per la crescita? La domanda è intenzionalmente provocatoria, vuole mettere in evidenza la gande assente nella manovra dal Governo: neppure una privatizzazione a bilanciare imposte e tagli. Provocatoria anche di una riflessione più generale: il fatto cioè che le privatizzazioni siano considerate un sacrificio nelle emergenze, e non una strategia per la crescita, un modo di stimolare l’economia restituendo attività in monopolio pubblico all’iniziativa privata e al vincolo della concorrenza.
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→ dicembre 6, 2011

dalla rubrica Peccati Capitali
“La straordinarietà di Twitter consiste nel fatto che è riuscito a rendere irrilevanti le immagini”. Se a scriverlo, ovviamente su Twitter, è Massimo Bucchi, quello che pubblica su Repubblica vignette che sovente sono un editoriale tra gli editoriali, c’è di che riflettere. Dobbiamo aspettarci che i soloni che ci hanno ammonito sui guai della società dell’immagine cambino disco e ci facciano la predica su quelli della società dei tweets?
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→ dicembre 4, 2011

L’80% degli italiani, secondo Renato Mannheimer, sarebbe a favore di un’imposta patrimoniale. Per arrivare a una percentuale così alta, bisogna mettere insieme i gruppi più disparati, chi ha un lavoro stabile e chi lo cerca, gli anziani che vivono di risparmi e i giovani che tirano avanti con lo stipendio, chi legge e chi ha difficoltà a capire un testo anche semplice: difficile che tutti abbiano in comune uno stesso interesse economico. Devono quindi essere motivazioni diverse a coalizzare quell’80%, non economiche, ma ideologiche ed emotive.
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→ novembre 26, 2011

Carlo Azeglio Ciampi era esplicito nello spiegare il meccanismo: se abbassiamo il deficit al tre virgola zero per cento, ripeteva, entriamo nell’euro, gli interessi sul debito si riducono al livello di quelli tedeschi. L’eurotassa è un prestito, ci fa incassare il “premio di credibilità”, e si ripaga con ciò che si risparmia di interessi: un pasto gratis (non proprio: la tassa venne restituita solo al 60%). Nessuno spiegò che se non volevamo esportare di meno e farci finanziare il debito dall’estero, era necessario che anche la nostra produttività crescesse come quella tedesca: e che questo non veniva gratis. Alla stessa maniera nessuno spiegò ai tedeschi, che un’unione monetaria comporta di trasferire costi economici e politici dagli Stati “dissoluti” a quelli “virtuosi”. Questo non detto è il deficit democratico alla base della costruzione dell’euro.
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→ novembre 26, 2011

Caro Direttore,
i sistemi di contabilità nazionale (SEC 95, comma h art. 1.13) impongono a tutti i Paesi di stimare e di contabilizzare nel PIL anche “l’economia non osservata”. Non è dunque esatto quanto scrive Milena Gabanelli (Ecco perché va limitato l’uso del contante, Corriere della Serra del 24 Novembre, pag 35) che “il sommerso non [vada] a far parte del rapporto debito PIL”; quindi non è vero che esso concorra a far sì che “gli investitori [siano] disposti ad acquistare i nostri titoli di stato solo a un tasso di interesse pari a più del triplo di quanto pagano gli inglesi o i tedeschi”.
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