Apriamo il ministero delle privatizzazioni

dicembre 5, 2001


Pubblicato In: Giornali, Panorama


Proposta paradossale: riunire le partecipazioni di Stato. Richiamando Armani e Pini.

La Borsa incerta, gli investitori prudenti, i raider latitanti, la minaccia di recessione sull’economia: mai il momento è stato così favorevole. Il Governo deve cogliere la magica congiuntura e prendere una decisione netta e radicale: istituire il Ministero delle Privatizzazioni.
Perché tenere parcheggiate le partecipazioni dello Stato, ENI, ENEL, Alitalia, Finmeccanica, Ferrovie, Poste e quant’altro? Unifichiamole nella perfezione dell’ossimoro: “privatizzazioni”, l’impegno preciso; “ministero”, la garanzia di prudenza.

Qualche rompiscatole si diverte a punzecchiare il ministro Tizio per le mancate promesse, il vice Ministro Caio per le sue imprudenti dichiarazioni, il Presidente Sempronio per le sue esitazioni? D’ora in poi ci penserà il Ministero a metterlo a posto. L’opposizione si sveglia e chiede conto delle scelte, delle decisioni prese e di quelle non prese? Ne parlerà col Ministero, gente competente, una storia alle spalle, un ufficio pubbliche relazioni al fianco, e consulenti ovunque. Non ci sarà più spazio per le insinuazioni, per i sospetti: tutto ordinato, una risposta per tutto.
Ma, obbietterà il solito cacadubbi, il vivace Maurizio Gasparri mica gradirà tanto che gli si porti via la RAI; il posato Antonio Martino mica se ne starà bravo e tranquillo se non gli lasciano più fare la politica energetica; e siamo sicuri che anche il brillante Giulio Tremonti aprirà la cassaforte e graziosamente consegnerà le azioni di tutto quel bendidio? E il roccioso Pietro Lunardi, come farà quando vorrà farsi un bel tunnel? Nessun problema, si riesumerà il vecchio glorioso istituto del “concerto tra i Ministri”.
Ogni progetto vale quanto valgono le persone: gente di sicura fede, ideologicamente motivata, ce ne sarebbe anche all’opposizione. Ma se si allarga il campo, aumenta la concorrenza, e di concorrenza al Ministero meno se ne parla e meglio è. Quando uno tratta di certe cose, non è che possa azzardare qualche scelta bipartisan. Ottima invece l’idea di mettere nell’ingresso, tra i busti di Beneduce e di Enrico Mattei, anche quello di John Maynard Keynes: l’opposizione apprezzerà.
Questo Governo conosce l’importanza della comunicazione e dei media. Di qui bisogna incominciare: bisogna acquisire una persona autorevole, ma raffinata, che goda fama di indipendente, che abbia visione oltre la contingenza. E’ l’identikit di Enrico Cisnetto.
All’ufficio legislativo il senatore Luigi Grillo: è grazie a lui se le Fondazioni bancarie possono comprare quote delle aziende privatizzande con i soldi che gli erano stati dati perché smettessero di occuparsi di affari e si dedicassero alle opere di bene. Sarà utilissimo se qualcuno dovesse mettersi a cavillare su qualche legge del governo dei comunisti.
Ma veniamo ai piani alti: qui ci vogliono persone che abbiano anche un’esperienza: conoscere il passato per guardare al futuro. Ecco, uno come Pietro Armani, chi meglio di lui per il posto di Ministro? Con tanti anni alla vice presidenza dell’IRI, sarebbe una specie di oscar alla carriera. A fianco bisogna mettergli due sottosegretari vivaci. A Bruno Tabacci si chiederà di lasciare la carica di Presidente della Commissione Attività Produttive della Camera: nella scelta tra onore e potere non avrà dubbi. E infine Massimo Pini, l’uomo che Craxi mise all’IRI per contrastare Prodi e che lo combattè su ogni decisione. Ricordate la SME? A un antiprodiano antemarcia come lui, un riconoscimento dovuto.

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