Tele+, un’incognita le scelte di Tatò

agosto 29, 1999


Pubblicato In: Giornali, Il Sole 24 Ore


La decisione dell’Enel di ac­quisire il 30% di Tele+ avrebbe avuto il “consenso tecnico-politico’ del Tesoro. La noti­zia, ripresa da tutti gli organi di informazione, ha il merito di porre sul tappeto in tutta chiarezza un pro­blema ormai non più eludibile: chi deve definire le strategie dell’Enel durante il periodo in cui il Tesoro ne avrà ancora il controllo, e quali devono essere queste strategie. Problema tutto politico che chiama in causa in primo luogo il titolare del dicastero del Tesoro, nella sua duplice veste di azionista unico dell’Enel e di responsabile primo del processo di privatizzazione.

Non si può certo sostenere che, per l’esi­guità dell’investimento, si è nell’ambito della gestione ordinaria: l’iniziativa Tele+ segna un salto di qualità.

L’Enel ha continuamente dilatato il proprio spazio strategico. Ma fin­ché cercava di conservare la propria posizione dominante anche in presen­za delle direttive di liberalizzazione, prima vanificandone la portata, poi condizionandone le modalità di rece­pimento, si trattava pur sempre di iniziative nel proprio campo di attivi­tà. Quando dichiara di volersi espandere, dall’acqua al trattamento dei rifiuti, finan­ziandosi con i ricavi dalle vendite di centra­li, quasi che questa non fosse una privatizza­zione, esprime — per ora — solo desideri.

È entrata con Wind nella telefonia: ma inventandosi il pretesto di sfruttare i tralicci dell’alta tensione per appender­vi le fibre ottiche, e spergiurando che sarebbe al più presto uscita dall’azionariato.

Ora, con Tele+ non sente più nep­pure il bisogno di inventarsi sinergie, di impegnarsi in promesse: Enel oggi dichiara di pensarsi come un conglo­merato che definisce in totale libertà i propri obiettivi e le proprie strategie. Non solo, con l’ingresso nella televi­sione si colloca nel settore più “delica­to” nel sistema politico-industriale. (A quando l’entrata in Rai?). Il tutto, si badi bene, alla vigilia dell’inizio della sua privatizzazione.            ‘

Questo sviluppo fa saltare la sud­divisione dei ruoli finora vigente tra Tesoro e grandi imprese di servizi (Eni, Telecom, Enel). Stando alla lettera della legge sulle privatizza­zioni, la 474/94, al Tesoro spetta la strategia di privatizzazione, al mana­gement la strategia aziendale. Il Te­soro si comporta come un socio fi­nanziario, sua preoccupazione è l’al­locazione del controllo, realizzare il massimo valore garantendo continui­tà della gestione: «Il Tesoro gover­na il primo passaggio di proprietà, il mercato governerà i successivi», scrive Mario Draghi («Il Tesoro, gli azionisti, il mercato» sul Corriere della Sera del 14 agosto).

Questo compromesso, già messo in crisi dal dilatarsi dei tempi di privatiz­zazione, è di fatto saltato per le ambi­zioni dell’Enel, che è entrata prima nei telefoni e ora sta per entrare nella televisione. Oggi, mentre i quotidiani affermano che ciò avviene con il “con­senso tecnico-politico” del Tesoro, ignoriamo perfino in base a quali valu­tazioni tale consenso è stato espresso.

Di fronte al caso Tele+ bisogna risalire alla radice del problema. Ab­biamo il diritto di chiedere al ministro del Tesoro se intende vendere l’ente nato da e per la nazionalizzazione dell’energia elettrica, o se invece in­tende custodire le azioni di una socie­tà che gestisce autonomamente il pro­prio cash-flow e l’utilizza per mette­re in atto strategie di diversificazio­ne. Abbiamo il diritto di sapere se considera proprio compito attuare la politica di privatizzazione indicata dalla legge 474, sia pur nei tempi e nei modi consentiti dai vincoli politi­ci, o se intende avallare la crescita di un nuovo soggetto industriale di pro­prietà pubblica fuori da ogni control­lo pubblico — i consiglieri nominati dal Tesoro, tenuti dal Codice civile a deliberare avendo riguardo solo all’in­teresse della società, di fatto avallano le proposte del capo-azienda — la­sciando che si aggiungano altri ostaco­li politici al completamento della sua incipiente dismissione.

Non bisogna perdere di vista il tema politico di fondo: come a suo tempo la naziona­lizzazione dell’energia elettrica, così la decisione di privatizzare costituiscono due momenti cruciali nella storia politi­ca dell’Italia. Le privatizzazioni, l’usci­ta dall’epoca delle partecipazioni stata­li sono un cardine degli impegni inter­ni e internazionali degli ultimi sei go­verni. Questo è quindi un problema politico di prima grandezza In tema di privati77a7ioni Giuliano Amato può rivendicare meriti ed esibi­re competenze come pochi altri. Al confronto di altri temi dell’agenda poli­tica, questo è ancora un problema di facile soluzione. Non indugi, non lasci che cresca, degeneri e aggiunga le sue metastasi alle tante che già abbiamo. Bastano poche cose: far rientrare l’Enel nei confini per cui è stata a suo tempo istituita; non ammettere deroghe al principio per cui i proventi delle privatizzazioni, che si tratti di aziende o di loro consociate, vanno ad ammor­tamento del debito pubblico, secondo quanto prescrive la legge.

Con l’occasione il ministro del Teso­ro potrà anche prendere in mano un’in­terrogazione parlamentare volta a sape­re quale evento (numero di abbonati, fatturato, risultato economico, valore stimato) deve verificarsi perché Enel mantenga la sua promessa e venda la sua partecipazione in Wind. Mi bastò un’ora per raccogliere le firme di 50 senatori della maggioranza.

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