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Archivio per il Tag »Raffaele Bonnai«

→  ottobre 13, 2011


Lettera di Raffaele Bonanni

Caro Direttore, le tormentate vicende della Banca Popolare di Milano chiamano in causa il dibattito sul modello di «corporate governance» dell’ impresa e su quale deve essere il ruolo dei lavoratori e dei sindacati in una moderna democrazia economica. Confronto tanto più acceso poiché la Bpm è l’ unica banca popolare nella quale l’ Associazione degli azionisti dipendenti esprime, storicamente, la maggioranza del consiglio d’ amministrazione. La Cisl, dalla sua nascita, ha un pensiero forte in proposito: il superamento dell’ antagonismo può trovare nell’ azionariato diffuso, a partire da quello dei lavoratori, i titoli giuridici per la partecipazione alla proprietà dell’ impresa. Le banche popolari rappresentano, sotto questo profilo, la forma più compiuta di partecipazione al governo dell’ impresa: il voto capitario, il tetto al possesso azionario, i limiti nelle deleghe di voto configurano la forma più avanzata di democrazia economica. Non credo, infatti, che possa dirsi compiuta una democrazia che arresta i suoi istituti sulla soglia dell’ impresa. A maggior ragione nel contesto globale del nostro tempo, laddove numerose imprese multinazionali vantano fatturati di gran lunga superiori ai Pil di molti Stati nazionali, decidendo il destino degli investimenti, dell’ occupazione, del reddito, del consumo, della coesione o dell’ imbarbarimento sociale. Ciò non toglie che il modello partecipativo della Bpm, che noi continuiamo a sostenere, abbia contribuito ad acutizzare le anomalie gestionali e le difficoltà della banca perentoriamente richiamate dall’ ispezione della Banca d’ Italia. Perché è accaduto? Un primo fattore è riconducibile al primato dell’ Associazione degli azionisti dipendenti nel governo della banca. All’ inizio un successo importante per tutti i lavoratori. Nel tempo, tuttavia, quel primato è stato contaminato da processi involutivi e degenerativi che sono venuti alla luce quando, a metà settembre, alcuni organi di informazione hanno rivelato l’ esistenza di un accordo «segreto» sulle carriere riservate ai vertici sindacali della Bpm. Quell’ accordo, che segnala l’ esistenza, da tempo, di politiche clientelari e spartitorie nella gestione del personale, è incompatibile con la tutela uguale e universale dovuta a tutti i lavoratori. La Cisl, come è noto, a differenza di altre organizzazioni sindacali, è intervenuta attraverso la Fiba, la federazione di categoria, con la massima determinazione, convinta della necessità di essere rigorosi con se stessi, prima di esserlo verso gli altri. Occorre voltare pagina. Vogliamo restituire la Banca, dopo la perentoria censura dell’ ispezione della Banca d’ Italia, alla sua vocazione originaria di banca della piccola e della media impresa, delle sue economie e delle sue comunità di riferimento. Bisogna chiudere irreversibilmente l’ epoca delle clientele, delle cordate, delle spartizioni, offrendo a tutto il personale pari opportunità di carriera, equità dei criteri di valutazione del merito, partecipazione ai risultati. Ma nello stesso tempo, occorre difendere il modello di «governance duale» in quanto architettura istituzionale ottimale per separare i compiti di indirizzo strategico e di controllo tipici dell’ azionista, dalla gestione che compete al top management. Lo si può fare rafforzando le competenze e i poteri del consiglio di sorveglianza, troppo limitati nell’ attuale ipotesi di Statuto, associandone l’ esercizio a maggioranza qualificata. La Cisl si batterà per un efficace riposizionamento strategico della Banca, per far crescere la produttività, con la massima attenzione ai livelli occupazionali e al reddito dei lavoratori. Questa è la strada per salvare l’ inestimabile valore sociale e di partecipazione del patrimonio cooperativo che Bpm ha costruito nella sua lunga storia.