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→  febbraio 2, 2011


di Luca Ricolfi

Si torna a parlare di una patrimoniale, ma le proposte sul tappeto sono almeno quattro. In principio fu Giuliano Amato.

La sua idea era semplice: abbattiamo il debito pubblico di un terzo (600 miliardi di euro, su 1800), colpendo solo il ceto medio-superiore, ovvero il terzo più ricco degli italiani, con un’imposta media di 75 mila euro a famiglia. Poi venne il banchiere Pellegrino Capaldo, anche lui – riferiscono i giornali – vicino al centro-sinistra, con la proposta-monstre di prelevare qualcosa come 900 miliardi di euro (metà del debito, più di metà del Pil), questa volta però molto democraticamente spalmati su tutti i possessori di immobili: il che fa «solo» 50 mila euro a famiglia. Poi venne Walter Veltroni, che nel discorso del Lingotto riprese la proposta Amato, immaginando un governo di illuminati che – forte di altre misure di contenimento del deficit – chiedesse «al decimo più fortunato degli italiani» di aiutare il governo stesso a «far scendere il debito in modo rapido verso dimensioni più rassicuranti». L’idea era di abbattere il debito di 600 miliardi (proposta Amato), ma con due importanti varianti: colpendo solo i ricchi (il 10% di «fortunati»), e ricorrendo anche ad altre misure. Immaginando una patrimoniale che incidesse «solo» per 200 miliardi (anziché per 900 o 600, come nelle proposte Amato-Capaldi), farebbe 80 mila euro a famiglia. E infine (nei giorni scorsi) venne Pietro Ichino, che ci assicurò che la patrimoniale di Veltroni è solo una delle misure per abbattere il debito (le altre sono: dismissioni del patrimonio pubblico e tagli draconiani di spesa), e che quanto all’importo ci si poteva accontentare di 30-40 miliardi in 2 anni, concentrati su 2,5 milioni di famiglie ricche. Come dire una patrimoniale che «fa il solletico» al debito, visto che 30-40 miliardi lo limerebbero del 2%.

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→  febbraio 1, 2011


A volte il tafazzismo della sinistra è disperante al limite del patetico. Prendiamo la proposta di mettere un’imposta straordinaria sul patrimonio per ridurre drasticamente il nostro debito pubblico: un prelievo, tanto per capirci, sui 900 miliardi di euro. L’idea la lancia Giuliano Amato in un convegno: ma é Dicembre, e poco dopo non se ne parla più. La riprende la settimana scorsa Pellegrino Capaldo sul Corriere. Amato non basta, dice, e aggiunge la decisiva variante: l’imposta va prelevata sulle case.

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→  gennaio 29, 2011


di Alessandro Penati

La proposta è partita da Amato: una patrimoniale per ridurre il debito pubblico. Veltroni l’ha ripresa. Pellegrino Capaldo l’ha rilanciata sul Corriere della Sera, come imposta sulle plusvalenze immobiliari (è la stessa cosa). Fortis l’ha evocata sul Sole-24 Ore, indicando la ricchezza degli italiani come panacea contro una crisi del debito pubblico: se gli investitori esteri scappano dai Btp, gli italiani sono abbastanza ricchi per comprarseli, indirettamente, pagando una patrimoniale. Risolvere la crisi del debito pubblico, scaricandolo sui privati cittadini è un’ idea insensata: non risolve i problemi alla base della crisi della finanza pubblica; è inefficiente; ed è iniqua, a dispetto degli slogan.

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→  gennaio 29, 2011


Strategia in tre mosse contro una proposta indecente.

1. Rifiutare paragoni impropri. La proposta deve essere isolata perché appaia in tutta la sua oscenità. Non ha nessuna parentela con sistemi fiscali, presenti in molti paesi, che tassano sia il reddito che il patrimonio. Non ha nulla a che vedere con la patrimoniale notturna di Amato del 1992, che, a parte la dimensione del prelievo, fu varata quando il rischio di bancarotta incombeva su Governo e istituzioni. E neppure con l’Eurotassa, di cui era stata promessa la restituzione: questa arrivò, ma in misura che, conteggiando interessi e svalutazione, non raggiunse il 50%, e quindi serve a dimostrare ancora un volta che non ci si deve fidare dei governi: mai e di nessuno.

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