Archivio per il Tag »Mariana Mazzucato«
→ gennaio 4, 2022
Franco Debenedetti risponde all’articolo sull’accessibilità dei vaccini anti-Covid apparso sullo speciale “L’anno che verrà” di Repubblica. “Come abbiamo i No Vax, potremmo avere nazioni No Vax; se non riusciamo a convincere i primi a casa nostra, che faremo con le seconde in giro per il mondo? Stabilire a quali Paesi e in che quantità debbano essere forniti i vaccini richiede conoscenze e potere di coordinamento”
È singolare che Mariana Mazzucato, che ha avuto un grande successo – libresco per sua e nostra fortuna – propugnando che lo Stato possa e debba avere il ruolo di innovatore e investitore, di fronte alla pandemia sostenga che, per frenare questa e qualsiasi altra futura, siano le imprese private a doversi assumere i ruoli e le funzioni proprie degli Stati. È quello che si deduce da un articolo, scritto insieme a Jayati Ghosh, uscito per Project Syndicate e ripreso da La Repubblica del 2 Gennaio 2022.
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→ aprile 30, 2020
C’è nell’aria odor di soldi, come mai prima d’ora: Recovery Fund, BCE, Banca d’investimento europea, SURE MES. Mariana Mazzucato confida a Repubblica il suo entusiasmo: “Ora uno Stato imprenditore, che decida dove investire! E’ l’occasione che abbiamo per trasformare l’economia italiana”. E poiché, fa osservare, è questa la ragione per cui Conte l’ha chiamata a febbraio” e poi, aggiungiamo noi, ha detto a Vittorio Colao di metterla nella sua task force, le appare l’occasione della sua vita: lo stato imprenditore, e con tanti soldi! E tutti soldi liberi, senza condizionalità, anche quelli del MES, che ci han pensato gli amici dei Cinque Stelle a fargli l’esame del sangue, e se ne trovavano una traccia facevano cadere il governo. Arrivati che saranno in cassa, ci penserà lei a mettere le condizionalità. Le aziende “prima le si aiuta, mettendo le clausole che rispetteranno, per esempio come e su che cosa investiremo”: poi ci sarà lo Stato “che agisce in simbiosi con le imprese, indirizzando e coordinando investimenti e iniziative e che dimostra di avere una strategia, una visione di quale economia viviamo”.
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→ marzo 26, 2020
“È dagli anni ’80 che lo Stato si sente dire che deve mettersi sul sedile posteriore e lasciare il volante in mano alle imprese, lasciarle libere di creare ricchezza, intervenendo solo per risolvere i problemi quando emergono”. Così Mariana Mazzucato su Repubblica.
È da sette anni che la professoressa ci vuole convincere che Internet non l’hanno fatto migliaia di imprese e milioni di inventori, ma un organismo della difesa americana per avere un sistema comunicazione a prova di bombe; oppure che lo schermo touch è frutto dello stato imprenditore perché chi lo ha inventato stava studiando grazie a una borsa di studio pubblica.
Il suo strabismo non le consente di vedere che il PIL mondiale “dagli anni 80” è cresciuto 5 volte, che la quarta rivoluzione industriale e la seconda globalizzazione hanno tratto dalla miseria estrema più di un miliardo di esseri umani, di constatare che oggi “Capitalism, Alone!”: come dice Branko Milanovic, ci sono solo il capitalismo liberale-meritocratico in Occidente, e il capitalismo politico in Cina e dintorni.
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→ settembre 4, 2018
Al direttore.
Mariana Mazzucato (“La strada storta dello stato”, Repubblica 1° settembre) avanza la proposta che la Cassa depositi e prestiti, “attore pubblico autonomo dal potere politico ministeriale” e con “decennale esperienza nel settore infrastrutturale”, acquisisca “sul mercato la maggioranza del capitale azionario di Atlantia”, allo scopo di “migliorare il rapporto con le concessionarie”. A parte la sospensione del principio di non contraddizione inerente a “un attore pubblico autonomo dal potere pubblico”; a parte il contenuto della “decennale esperienza” che si può fare da socio di minoranza in Terna, Snam spa, Eni, Enel; a rendere perplessi è quel “migliorare il rapporto con le concessionarie”. Che il controllore si faccia controllato può far comodo al controllato; ma che il controllore debba spendere soldi per riuscire a fare il suo mestiere è clamoroso, e ancor più che a dirlo sia la paladina dello “stato imprenditore”. E non è finita: se “l’attore pubblico autonomo” vuol comperare sul mercato il 50 per cento del capitale, fa salire il valore del titolo: a meno che non vengano annunciati propositi espropriatori atti a farlo calare. In tal caso l’autonomia dell’“attore” riuscirebbe a evitare “al potere politico ministeriale” l’accusa di aggiotaggio? La strada storta dello Stato: non c’è che dire, titolo perfetto.
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→ agosto 12, 2016
Caro Direttore,
“Il danaro non è solo un mezzo di scambio” scrive Mariana Mazzucato (Cinque medicine per curare la malattia delle banche, la Repubblica, 8 Agosto 2016). Per una volta sono d’accordo, ma per poco: già dissento su che cosa sia d’altro. Per lei, seguendo Hyman Minsky, il danaro “rappresenta la creazione del debito, motore centrale del processo capitalistico”. Per me, leggendo Mervyn King, il danaro consente di scambiare lavoro di oggi con generico potere di acquisto in futuro; in un mondo esposto a radicali incertezze, il danaro è ponte tra presente e futuro.
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→ agosto 12, 2016
articolo collegato di Alberto Mingardi
Those British libertarians who went for Brexit were somehow disappointed by Theresa May easily winning the contest for Tory leadership. It’s quite easy to understand why: in her inaugural speech, she longed for an “industrial strategy” for post-Brexit Britain. See Mark Littlewood here.
Of course Mariana Mazzucato, though an advisor to Jeremy Corbyn, has commented in favour of this “idea” (in actual fact, nothing more than a rough sketch) of Mrs May. Mazzucato wrote a piece in the Financial Times which is no different than what she wrote before – but a prolific author never publishes just once, and being a prolific author myself, who am I to criticize her? You can read the thing yourself and make up your mind.
I’d just like to make a perhaps tangential point. Mazzucato is as ideological a thinker as anybody else. In her “The Entrepreneurial State”, she says, very clearly, that she sees herself as engaged in a “discursive battle” against those who want to reduce government spending by claiming its inefficiency. There is nothing necessarily wrong with that: strong disagreements, and passion, are what make the world of ideas engaging.
But in this last FT piece, she claims with some nonchalance that “the argument ought not to be about whether the state should not be involved in driving growth but how it can do this in the best way” and subsequently, “we do not need false or ideological choices between market and state”.
Ok, so, if you want to let the price system work to try to solve problems whose solutions is still unknown to us, you’re an ideologue. If you want a club of enlightened bureaucrats to step in, you’re not.
I find this way of arguing most disappointing – and I find disheartening that some people are apparently persuaded by it.
I think it’s safe to say that we’re all biased, but reality doesn’t necessarily confirm our biases. The public debate should be some kind of test of our prejudices, which need empirical grounding to be more than, well, prejudices.
But I do not quite get why it should be “ideological” to wait and see how markets develop, whereas going for government intervention when we don’t really know what to wish for is not.
I think the best reply to Professor Mazzucato was penned long ago by Bertrand Russell, in his “Skeptical Essays”:
I wish to propose for the reader’s favourable consideration a doctrine which may, I fear, appear wildly paradoxical and subversive. The doctrine in question is this: that it is undesirable to believe a proposition when there is no ground whatever for supposing it true.