→ aprile 21, 1999

Il primo a profferire la parola fu, se non andiamo errati, Romano Prodi: fu il presidente designato della Commissione Europea, interpellato sulle prime voci di un possibile accordo tra Telecom Italia e Deutsche Telekom, a parlare di “pariteticità”, condizione capace di rendere vantaggioso ogni accordo tra le due società. Da allora “pariteticità” è entrata nel circuito della comunicazione, è diventata il faro di ogni politica, l’obiettivo di ogni piano, il vincolo di ogni accordo.
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→ aprile 18, 1999

Quando un aereo è in scandaloso ritardo, quando un treno è improvvisamente annullato, quando la burocrazia oppone la sua stanca ottusità, insomma quando un servizio non funziona, penso che l’utente debba adottare l’atteggiamento di considerare chi gli sta di fronte – l’impiegato dietro lo sportello, il controllore, l’assistente di volo – non come un dipendente ma come il rappresentante dell’azienda, non l’ultimo anello della catena organizzativa, ma la personificazione del vertice.
La reazione dell’utente, dicono i teorici dell’organizzazione, è il solo mezzo per migliorare il servizio: quindi il cliente che «reagisce» svolge un ruolo socialmente utile. Bisogna dunque non prestare orecchio quando, di fronte a proteste di cui è impossibile non riconoscere la ragionevolezza, il poveretto o la malcapitata si difende protestando che la colpa non è sua…, che anche lui…, che il superiore…, che il regolamento… Come se l’utente, oltre a subire gli inconvenienti del malservizio, dovesse anche perdere il suo tempo nei meandri delle responsabilità, nei labirinti delle matrici organizzative.
Così quando il ministro Piero Fassino, intrappolato per ore in un aereo, ha protestato contro Alitalia in modo colorito («una bettola» secondo quanto riferiscono) ho applaudito. E quando l’altro ieri l’amministratore delegato di Alitalia, cifre alla mano, indicava nel controllo del traffico aereo il principale responsabile del disservizio di cui ogni viaggiatore è testimone e vittima, ho avuto conferma della mia teoria: protestare è un dovere civico e più la catena di comando è lunga più forte bisogna gridare. Alcune spiegazioni sono complicate: separazione verticale ed orizzontale, procedure e manovre di riattacco, angoli degli svincoli e interassi piste. Ma altre sono assai comprensibili anche ai profani: come quando veniamo a sapere che il controllo del traffico aereo è un ente pubblico, i cui dipendenti sono inquadrati in 14 organizzazioni sindacali.
Quando infine apprendiamo che questo ente risponde al ministero dei Trasporti, quello stesso che, sempre per ragioni di rapporti sindacali, ha bocciato il piano di Claudio De-matte, presidente delle Ferrovie dello Stato, per ridurne le perdite scandalose, allora tutto diventa assolutamente chiaro.
E sorge dalla memoria un ricordo, il famoso scontro che oppose proprio i controllori di volo al presidente Reagan nel 1981, all’inizio del suo primo mandato; per averla vinta Reagan non esitò a licenziarli tutti.
Nessuno auspica che da noi si applichino misure così draconiane, ma varrà la pena ricordare ai nostri governanti, ministro Treu in testa, che proprio con quel braccio di ferro iniziò una presidenza di eccezionale successo, in cui si misero le basi dello straordinario boom economico americano, che ancora’oggi continua.
→ aprile 18, 1999

L’OPA Olivetti sta diventando il reagente che, aggiunto alla soluzione, fa precipitare gli avvenimenti; le sue implicazioni ormai non riguardano solo più le due società interessate, ma politiche e assetti industriali italiani ed europei.
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→ aprile 2, 1999

I dettagli delle operazioni Imi Sanpaolo-Banca di Roma, e Credito italiano-Banca commerciale sono ancora largamente imprecisati, tra mosse di attacco e di difesa molti sono gli esiti possibili, compreso perfino il loro accantonamento. Ma i progetti pongono rilevanti problemi di carattere sistemico che proprio questa condizione di fluidità consente di analizzare in modo generale e con il necessario distacco.
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→ marzo 15, 1999

Sto scrivendo come al solito con la radio accesa sul programma di musica classica del quinto canale. È un programma di qualità? Impossibile dirlo. Dato che lo ascolto, la sua qualità per me supera un livello minimo. Dato che non posso scegliere tra programmi analoghi, non posso fare una scala di qualità relative. Dato che l’ascolto è sostanzialmente gratuito, non ho nessun mezzo per dare un valore alla mia preferenza: quindi è impossibile quindi dire se questo è un programma di qualità nel senso che non ho nessun mezzo per comunicarlo. Sarei disposto a pagare una somma ragionevole per scegliere tra due o tre programmi diversi di musica classica, i fornitori di programmi avrebbero modo di misurare il gradimento, avrebbero interesse a selezionare profili di clienti diversi, con offerte differenziate per prezzo o per contenuti.
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→ marzo 2, 1999

È diventato un luogo comune: l’Opa su Telecom ha cambia to il volto al capitalismo italiano. Ma i luoghi comuni, quando si usurano, bloccano il ragionamento; mentre bisognerebbe chiedersi: lo cambia, ma in che senso?
Contro la banalità dei luoghi comuni serve la provocazione del paradosso. Come quello proposto da Francesco Giavazzi (Utile lezione da un assalto, Corriere della Sera del 24 febbraio): egli autorevolmente nota che è stato il Tesoro ad imporre la scelta di Franco Bernabè, e che è di nomina governativa il più numeroso gruppo di consiglieri di amministrazione. Da qui la sorprendente conclusione: si è «di fatto cancellata la privatizzazione» di Telecom. Se è così, allora l’Opa abbia o meno successo, va vista come un episodio della storia delle privatizzazioni italiane.
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