Privatisieren ist gut für die Wirtschaft: mehr Wettbewerb, mehr Produktivität, schließlich zusätzliche Staatseinnahmen für den Abbau von Schulden. Richtig?
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Privatisieren ist gut für die Wirtschaft: mehr Wettbewerb, mehr Produktivität, schließlich zusätzliche Staatseinnahmen für den Abbau von Schulden. Richtig?
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Per Luigi Einaudi, le imposte sono il compenso dato allo stato in cambio dei servizi ai cittadini. Per Innocenzo Cipolletta, che «si paghino troppe tasse e non si abbiano indietro servizi sufficienti e di qualità adeguata» è solo una sensazione diffusa: e titola provocatoriamente il suo pamphlet In Italia paghiamo troppe tasse. Falso!. Toni differenti, ma per l’uno e per l’altro, per giudicare di tasse e servizi, li si deve porre a confronto. Confronto tuttavia in sé problematico: l’entità delle tasse è un fatto oggettivo; la qualità dei servizi dipende da un giudizio soggettivo. Il problema del confronto Einaudi lo risolve collocandosi nel campo soggettivo del linguaggio, sostituendo la parola imposta con la parola compenso. Cipolletta, trincerandosi in quello oggettivo delle statistiche, e usandole in un suo singolare sillogismo.
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“ll movimento dei makers si va diffondendo” scriveva Huff Post. Pochi sanno che in Italia ci sono decine di migliaia di persone coinvolti nella digital fabrication, che le FabLab stanno nascendo ovunque in Italia. Ma basta guardarsi in giro per capire che le persone lavorano, comunicano, si aggregano, sono motivati in modi diversi, perfino agli antipodi di quelli dei tempi della politica industriale.
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Al direttore.
Finmeccanica, Salini, Todini, Ansaldo, Eni (possibilmente), Expo, Alitalia (of course), il credito, le fondazioni. Intercettato il “Letta viaggiatore”: “Abbiamo un’altra Cdp!”.
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di Gianfilippo Cuneo
Se si chiedesse, in astratto, quale è il dovere di una fondazione la risposta sarebbe semplice: preservare il patrimonio e generare i più elevati ritorni possibili (tenendo conto dei rischi) in modo da poter massimizzare le attività di erogazione, che sono la ragion d’essere delle fondazioni stesse. Le fondazioni grandi o piccole di tutto il mondo, come quella di Bill Gates o quella della famiglia Ford, non hanno mai pensato che il loro compito fosse di restare attaccati alle proprie origini mantenendo il portafoglio concentrato su titoli Microsoft o Ford; hanno sempre cercato di diversificare gli asset e produrre ogni anno un surplus di rendimento in grado di mantenere il valore reale del portafoglio evitando l’impatto negativo dell’inflazione, e contemporaneamente di generare ritorni per finanziare le attività filantropiche o istituzionali.
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di Alessandra Puato
Un titolo quieto da cassettista, dal quale non aspettarsi grandi perdite, ma nemmeno grandi rendimenti. Un’azienda che sconta l’equivoco di essere una e bina, con due anime, finanziaria e postale; che «genera ricavi in modo quasi inerziale» e macina utili, ma sta riducendo dal 2010 i margini lordi, sui quali il mercato calcola il valore delle imprese quotate. È la radiografia del gruppo Poste Italiane, se andasse in Borsa ora. Lo dice l’analisi dei bilanci dell’Università Bocconi per il CorrierEconomia.
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