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Archivio per il Tag »contratti«

→  marzo 18, 2014


di Alberto Alesina e Francesco Giavazzi

Se Matteo Renzi fosse un ciclista giudicheremmo il suo inizio in questo modo. È partito, si impegna, pedala con entusiasmo, ma per ora è in pianura. Le salite devono ancora arrivare. Non è chiaro che cosa riuscirà a fare, perché con le montagne il ciclista Renzi non si è ancora cimentato. E in questa corsa ci saranno tante salite e avversari difficili.

La prima è la riforma del mercato del lavoro. Renzi ha proposto varie semplificazioni dei contratti a tempo determinato e dell’apprendistato: bene, ma era relativamente facile. La salita arriverà quando si dovrà decidere se abolire l’articolo 18 per i nuovi assunti. Ovvero, se si vorrà adottare il modello proposto da Pietro Ichino: un contratto uguale per tutti, senza differenziazione fra lavoratori a tempo determinato e indeterminato, e che consenta alle aziende di licenziare con costi crescenti, ad esempio facendo pagare loro una quota del sussidio di disoccupazione tanto più elevata quanto maggiore era l’anzianità del lavoratore licenziato. Come osservava Maurizio Ferrera (Corriere , 14 marzo), il sussidio dovrà essere esteso a tutti, sostituire la cassa integrazione e prevedere regole chiare che costringano i disoccupati a cercare ed accettare nuovi lavori. Con più del 40 per cento di disoccupazione giovanile, e imprese che non assumono perché attanagliate dall’incertezza, questa maggior flessibilità non può che far bene all’occupazione. Limitarsi a spostare l’applicazione dell’articolo 18 al terzo anno successivo all’assunzione significa solo rinviare il problema, come notava Franco Debenedetti (Corriere , 15 marzo).

La Cgil si opporrà a una vera riforma del mercato del lavoro, che pure consentirebbe a tanti giovani di uscire dall’incubo dei contratti a tempo determinato. Evidentemente i giovani interessano poco alla Cgil, i cui iscritti sono per circa una metà pensionati. Ma riuscirà Renzi a superare in questa salita la Cgil, o rimarrà indietro?

Seconda salita: come finanziare la riduzione delle imposte sul lavoro e sui redditi più bassi e il sussidio di disoccupazione universale. Riuscirà Renzi a imporre tagli di spesa adeguati? Per ora non è chiaro. Il suo silenzio può voler dire due cose. Che ha ben chiaro che fare, ma non lo vuole rivelare troppo presto per non dare un vantaggio a chi si opporrebbe a qualunque taglio, in primis gli alti funzionari pubblici e i membri del suo stesso partito. Lo farà, ma senza dirlo prima, e quindi senza compromessi. L’altra ipotesi e che non sappia da che parte cominciare. Insomma, o il ciclista Renzi ha una strategia per la salita della montagna «spesa pubblica», ma strategicamente la tiene nascosta ai suoi avversari, oppure sta arrancando ed è già senza fiato.

Terza salita: la tassazione delle rendite finanziarie. Renzi ha preso una scorciatoia: l’aumento dell’imposta su alcuni titoli, continuando a privilegiare i debiti dello Stato rispetto a quelli di famiglie e imprese. Ma le scorciatoie sono spesso poco lungimiranti. Come suggerivamo in un editoriale del 21 febbraio, la delega fiscale che il Parlamento ha appena approvato offre un’occasione unica per rivedere in modo complessivo il nostro sistema impositivo. Prendendo spunto dai migliori esempi esteri come Gran Bretagna e Stati Uniti. Tassare il reddito da lavoro in modo progressivo e quello da capitale in modo proporzionale (indipendentemente dall’aliquota) è ingiusto. Le montagne si scalano con metodo e determinazione. Scorciatoie e accelerate improvvise mettono solo a rischio il risultato finale.

→  marzo 15, 2014


Caro Direttore, i nomi contano. Di una liberalizzazione dei contratti a termine che si nasconde dietro quello di “prova”, estendendolo a un periodo, questo sì “senza precedenti”, di tre anni, il meno che si possa dire è che non ha il coraggio di chiamarsi con il suo nome. Che poi questa liberalizzazione “incida sul mercato del lavoro più che se fosse stato abolito l’art.18”, come scrive Enrico Marro (“Meno vincoli e alibi sulle assunzioni”, Corriere della Sera del 13 Marzo), è difficile da capire.

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→  marzo 14, 2014


di Tito Boeri

Possibilità di infinite proroghe per tre anni al contratto di lavoro a tempo determinato. Anche una alla settimana o al mese. Con gravi rischi. È quanto previsto dal decreto legge uscito dal Consiglio dei ministri. Da cambiare al più presto
Il decreto legge uscito dal Consiglio dei ministri di mercoledì apre la possibilità di infinite proroghe di un contratto a tempo determinato con lo stesso datore di lavoro: tutte “le proroghe sono ammesse” nei primi tre anni. In principio si possono fare 365 x 3 contratti rinnovati di giorno in giorno. Di fatto il periodo di prova nel quale si può essere licenziati senza preavviso, indennità e alcuna giustificazione viene esteso a tre anni. Ogni discriminazione è possibile: ad esempio, alla notizia della maternità di una lavoratrice, il datore di lavoro potrà semplicemente non rinnovare il suo contratto.

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→  luglio 25, 2013


25 firme su documenti per un totale di 37 facciate, fitte di sezioni, articoli, commi. Le ho dovute apporre per avere dalla banca dove ho un conto da 10 anni, una carta di credito prepagata. L’impiegato allo sportello mi passava i fogli salmodiando “questa per la privacy, questa per l’antiriciclaggio, questa per la banca”, e io firmavo alla cieca: ci avrei messo almeno un’ora a leggere le 2500 righe dei 30 articoli del “contratto”.

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→  giugno 22, 2011


Hanno aderito all’appello:
Giorgio Barba Navaretti, Pierpaolo Benigno, Valerio Castronovo, Franco Debenedetti, Carlo Dell’Aringa, Alessandro De Nicola, Gian Maria Gros Pietro, Luigi Guiso, Andrea Ichino, Alessandro Leipold, Stefano Manzocchi, Michel Martone, Donato Masciandaro, Roberto Perotti, Guido Rossi, Michele Tiraboschi, Giacomo Vaciago, Luigi Zingales.

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→  gennaio 16, 2011


Senza la dimensione industriale della Fiat, il valore simbolico dell’auto, la determinazione di Marchionne, non avremmo il sì di Mirafiori, il fatto che si sia potuto scegliere tra il sì e il no a un piano industriale innovativo. Adesso si tratta di rendere questo risultato normale, guardando a questo risultato per quello che è, in generale e per tutti. Dobbiamo cioè ragionare “etsi Marchionne non daretur”.

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