dalla rubrica Peccati Capitali
L’Agenzia delle Entrate ha inviato 80 ispettori a Cortina per vedere se i VIP arrivati in alberghi di lusso su auto di lusso che comprano in negozi di lusso, pagano le tasse. Il sindaco, che è scivolato su una gaffe storica: questo blitz è un attentato (Equitalia è oggetto di attentati veri). Il comandante della locale guardia di finanza, che non ha gradito l’intrusione: c’è già la crisi, lasciamo lavorare i negozi. L’albergatrice, che sa il fatto suo: i clienti se ne andranno a Saint Moritz. Io, che non capisco: controllare chi va in SUV in albergo di lusso a Cortina serve a scoprire una vippaggine ignota o le spese di un VIP notorio? Non è di routine l’incrocio telematico tra PRA, registri di alberghi e dichiarazione dei redditi? “Far piangere i ricchi” è fare coi soldi dello stato quello che Dagospia fa gratis? “Lotta all’evasione” è mettere un ispettore davanti a ogni negozio, così lottando anche contro la disoccupazione?
E’ perdente usare soluzioni labour intensive quando evasori e criminalità usano l’informatica, sorprende che qualcuno, anche autorevole, se ne compiaccia. Ma soprattutto è perdente pensare di battere l’evasione senza un rapporto leale con contribuente: non lo si costruisce con qualche blitz, roboanti minacce e diffuse prepotenze, tanto meno se la pressione fiscale è al 54%. “Il tasso di liberalismo si confronta con l’osservanza della legge”, dice Attilio Befera, direttore dell’Agenzia delle entrate, intervistato da Mucchetti. Se anche i migliori pensano che i diritti liberali siano il premio che lo stato dà ai cittadini se giudica che questi abbiano fatto il loro dovere, la battaglia contro l’evasione è persa in partenza. E non solo quella.
gennaio 11, 2012