Quale futuro per gli amministratori delegati? Il caso Avellino

maggio 17, 2025

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Pubblicato In: Giornali, Il Foglio

Al Direttore.

La conferma della condanna in appello decisa dalla Cassazione per l’ex amministratore delegato di Autostrade per l’Italia e di Atlantia Castellucci ha sollevato forti dubbi. Dubbi innanzitutto per la sproporzione tra le attività che Castellucci svolgeva e la causa del gravissimo incidente presso Avellino per il quale è stato condannato. Castellucci è stato l’artefice, dal 2005 al 2019, della trasformazione di Autostrade da monopolista italiano pubblico e inefficiente a leader mondiale nel settore delle infrastrutture, con attività nel settore delle autostrade, degli aeroporti e dei sistemi di pagamento in quattro continenti. Artefice del risanamento dell’aeroporto di Fiumicino passato in pochi anni, sotto la sua gestione, da essere il peggior aeroporto europeo a modello per qualità del servizio ed efficienza. E anche artefice del netto miglioramento della sicurezza sulle autostrade italiane: l’asfalto drenante e il Tutor sono invenzioni tutte italiane. Azionista di riferimento del Tunnel sotto la Manica, delle principali reti autostradali in Italia, Spagna, Francia, Argentina, Brasile, Cile.

L’incidente è stato causato invece dalla corrosione, nella parte sotto il piano stradale non visibile, di alcuni bulloni di serraggio delle barriere New Jersey (quelle massicce in calcestruzzo con mancorrente superiore) che si vedono ai bordi delle autostrade. Corrosione che non vi era in altre parti di quelle barriere, che sono ancora oggi in opera sul viadotto. Quando ho letto della sentenza della Cassazione che andava contro la proposta del procuratore generale sono rimasto perplesso; quando ho letto la lettera di Castellucci che commentava il contenuto della sentenza d’appello confermata dalla Cassazione lo ero ancor di più. Non riuscivo a capire come dai fatti riportati potesse essere scaturita una condanna. Ho voluto capire meglio e approfondire qualcosa che mi sembrava assurdo. Ho letto gli atti, le sentenze, i ricorsi, e ho parlato con gli avvocati che lo hanno assistito.

Quello che emerge da una lettura attenta è esattamente quanto riassunto da Castellucci nella lettera lasciata ai suoi familiari e pubblicata dal Sole 24 Ore, anche di più. Emerge una motivazione della sentenza di appello totalmente scollegata dagli atti del dibattimento, anzi opposta a quanto era emerso nel dibattimento stesso. Che fosse un tema controverso lo dimostra il fatto che Castellucci è stato assolto in primo grado e che lo stesso procuratore generale della Cassazione (che nel giudizio di Cassazione rappresenta l’accusa) ha raccomandato l’annullamento della sentenza di appello. Quindi quel giorno davanti alla Corte si sono presentati accusa e difesa con la stessa richiesta, che però non è stata accolta dalla Corte stessa.

La narrazione di un Castellucci che tutto vedeva e faceva ha del ridicolo: è contro tutti gli atti processuali e tutte le testimonianze. Infatti Castellucci è stato coinvolto per una delibera di stanziamento fondi per 138 milioni nel 2008, che è stata mal applicata secondo l’accusa (non secondo la difesa) dal progettista nel 2013. Nessun ruolo, contatto, intervento, conoscenza o informazione nel frattempo. È contro le leggi degli appalti che stabiliscono che sia il progettista a progettare e che un consigliere di amministrazione e AD non possa e non debba interferire. È contro la decenza e contro il buon senso. Come si può affermare senza andare contro il senso del ridicolo che un AD artefice dello sviluppo di Atlantia (ora Mundys), che l’ha resa leader mondiale nel settore delle infrastrutture e dei sistemi di pagamento, con aeroporti e autostrade sparse per il mondo, avesse il tempo per occuparsi dei dettagli e dei singoli bulloni.

Spicca la differenza di trattamento tra due tragedie simili, quella di Mestre e quella di Avellino. A Mestre la barriera proprio non c’era e, dove c’era, era contorta e bassa. Ad Avellino la barriera era dell’ultima generazione e al massimo livello di contenimento, con solo alcuni tirafondi corrosi nella parte non visibile. Aspettiamo con ansia l’evolversi delle vicende processuali riguardanti l’autobus di Mestre precipitato dal cavalcavia Vempa di proprietà del Comune di Venezia, dell’Anas e delle Concessioni Autostradali Venete, che ha causato la morte di 22 persone.

Vediamo se prevarrà la logica dei due pesi due misure o se si riconoscerà il valore di un principio che nel caso di Castellucci non è stato applicato: ciascuno deve rispondere nei limiti delle proprie funzioni e responsabilità, poiché nelle organizzazioni complesse la prevenzione passa necessariamente attraverso la distribuzione di competenze. Quello a cui stiamo assistendo è un precedente grave.

✍️ Articolo di Franco Debenedetti – pubblicato il 17 maggio 2025 su Il Foglio


 

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