Prodi deve affrontare primarie vere. Non servono investiture popolari

giugno 4, 2005


Pubblicato In: Giornali, Il Riformista

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LEADERSHIP – Concorrenti e voto di partito

Sembrava che il problema fosse lo strappo con la Margherita sulle liste unitarie. Poi sopravviene la brutta vicenda Rai – Petruccioli. Con il voto francese e olandese, si apre la questione della nostra politica europea. Improvvisamente, i fatti appaiono non più isolati, si saldano tra loro: il problema diventa quello della leadership
del centrosinistra. Lo riconosce Prodi, che ieri rilancia sulle primarie.

Partiamo da un dato di fatto incontrovertibile: senza accordo politico tra Ds e Margherita il centrosinistra non può neppure presentarsi alle elezioni, a meno di fare a Berlusconi lo stesso regalo che la sinistra francese ha fatto a Chirac. Rispetto a questo, tutto il resto diventa secondario: a cominciare da che cosa la Margherita ha deciso di scrivere, in alcuni collegi elettorali, su una delle tre schede con cui si voterà alle politiche. Non che discutere di liste e simboli sia irrilevante: ma diventerebbe inutile, senza l’accordo politico di fondo con la Margherita.
Non che la stabilità del governo dell’alleanza non sia importante: ma se non ci fosse l’accordo, sarebbe bizantino
discutere come gestirlo. Come si realizza in pratica questo accordo politico? Poteva essere con il partito riformista,
l’obiettivo di molti di noi: ma oggi si deve riconoscere che deve essere spostato in là nel tempo. Può essere
con la Federazione,ma solo se le si dà identità politica e contenuto programmatico. Non basta battezzarla Ulivo, che è, per ora, solo la formula che ha vinto nel 1996. E non basta certo l’ulivismo, che è aspirazione, leopardiana “voglia di slanciarsi”, volto positivo di quello che l’antiberlusconismo è in negativo: tutte cose evidentemente inadeguate a sostenere un’alleanza attraverso le durezze dell’attività di governo, per cinque anni.
Se non può essere il partito riformista, perché prematuro; se non riuscisse a essere la Federazione, perché si continua a non riempirla di contenuti condivisi, l’accordo politico può solo consistere nell’intesa tra i due partiti sui rispettivi ruoli. Di questa divisione di ruoli esiste una versione rozza: i Ds prendano voti a sinistra, la Margherita al
centro. Rozza, perché presuppone che esista una divisione sociale nel paese, e che a essa corrisponda una parallela divisione nelle preferenze politiche.
Versione improponibile perché una divisione di compiti, tra chi si occupa dei perdenti e chi invece dei possibili
vincenti nella sfida della globalizzazione, sarebbe un ruolo che i DS non potrebbero accettare, e che la Margherita
non riuscirebbe a ricoprire. L’intesa sui rispettivi ruoli è quella che consegue alla competizione per la leadership
nel guidare il paese. E dato che dalla grave crisi in cui sta sprofondando, il paese esce solo riprendendo il cammino di crescita; dato che la crescita solo le imprese possono realizzarla, la leadership politica spetta a chi saprà non solo rassicurare, ma suscitare energie, non solo chiedere sacrifici ma ottenere disponibilità a rischiare,
non solo dare speranze ma promuovere iniziative. I Monti e i Montezemolo che Francesco Rutelli ha radunato
a Frascati, hanno tutti le loro preferenze politiche personali, le loro storie, le loro affinità elettive: ma al momento giusto sanno riconoscere la leadership quando essa si manifesta, e a quella si rivolgono.E io sono convinto che i Ds hanno le risorse culturali e gli uomini per esprimerla. Ben vengano dunque le primarie. Ma che siano primarie vere, non quelle, fortunatamente ritirate dopo le regionali, senza concorrenti realmente alternativi.

Primarie per conquistare la leadership, non per vederla inutilmente confermata da un’investitura popolare. Non si vota per il presidente di una regione, alle politiche sono altre le regole elettorali. Qui le primarie servono a scegliere la guida della coalizione, e dunque a votare devono essere gli eletti e i membri dei partiti: è da loro e
dalle loro strutture che dipende il sostegno e l’impegno per chi risulterà vincitore. Prodi resterà, con ogni verosimiglianza, il candidato più forte: la sicurezza, che sembra preoccuparlo, gli verrà solo battendo gli altri candidati, candidati credibili, portatori di programmi alternativi. Ci vuole chiarezza, non possono più succedere pasticci come quello della Rai, florilegio del peggio che sappiamo combinare: una prova di forza su un obiettivo
insostenibile, dato che non possiamo essere noi quelli che lasciano senza vertice per un anno la Rai, chiedendo
una cosa a cui non abbiamo diritto, un direttore generale che ci vada bene; condotta in modo opaco che ha depositato ruggine nei rapporti con i partiti; su cui sono cresciute insinuazioni, non stroncate con adeguata prontezza, sul profilo politico del nostro candidato.
Un pasticcio da cui si esce ora solo con il sostegno unanime e senza subordinate a Claudio Petruccioli. Si parlerà di Europa, alle primarie: e sarà un discorso difficile. I voti di Francia e Olanda non sono infortuni da cui ripartire con un “heri dicebamus”: sono il punto di arrivo di un processo di cui da anni si scorgevano le avvisaglie.
Dovremo rinunciare, come scriveva ieri Andrea Romano, all’Europa come «ideale di trascendenza, regno
impolitico dei buoni dove il solo fatto di farsi chiamare potenza civile dovrebbe bastare a darsi un ruolo nel
mondo». Dovremo rinunciare a una visione dell’Europa irenica ed ecumenica, anziché basata «su politiche di
riforma strutturale in grado di dare all’Unione la capacità reale di essere un soggetto percepibile e competitivo in
economia come nella sicurezza internazionale». Il rischio è che nel gorgo in cui sono finite le ambizioni dell’Europa politica finisca anche la disprezzata Europa economica, quella che invece ci ha dato quel po’ di liberismo di cui godiamo. L’Italia, più degli altri paesi, non può permettersi che anch’esso finisca accantonato
insieme al disegno di un’Europa che i popoli d’Europa sembrano non volere.
Sarà probabilmente questo il terreno più difficile della sfida per la leadership nel centrosinistra.

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