C'era una volta la Fiat

maggio 28, 2008


Pubblicato In: Giornali, Vanity Fair

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da Peccati Capitali

Da Gianni Agnelli a John Elkann. Il nipote dell’Avvocato diventa presidente dell’Ifil e segna la fine di un’epoca: quella delle fabbriche e del potere degli industriali.

La fotografia di Gianni Agnelli trentenne sorridente al volante di un’utilitaria mentre i “grandi”, Vittorio Valletta, Leopoldo Pirelli, e Giuseppe Bianchi parlano tra di loro, rappresenta un’epoca: quella in cui la 600 era il sogno di chi aveva la Vespa; e in cui il potere vero era nelle mani di chi gestiva le fabbriche, non di chi tagliava le cedole delle azioni.

Oggi la nuova 500 è il lusso di chi ha il SUV in garage, e le aziende manifatturiere, smaterializzatesi, sono non dissimili dalle finanziarie che le controllano. Sono confronti strutturali, non stucchevolmente personali, quelli che suscita la notizia che John Elkann è diventato presidente dell’IFIL. E’ per motivi strutturali che una fotografia con John Elkann al volante e Sergio Marchionne accovacciato sotto sarebbe improbabile. Il Gruppo Fiat era arrivato a contare oltre 400.000 addetti, ora ne ha un quarto; l’auto traeva la massima parte dei suoi utili dal mercato interno, oggi quasi interamente dal Brasile. Le fabbriche di auto hanno produzioni in comune, sono assemblate con parti fatte dagli stessi fornitori: un’auto oggi è un’immagine di marca e un piano di finanziamento. La Porsche è un hedge fund che fabbrica auto, dice Marchionne: e anche lui proviene dalla finanza e alla finanza potrebbe ritornare.

“Se Berlusconi perde, perde da solo; se vince, vince per tutti noi.” era stato il commento dell’Avvocato alla discesa in campo del Cavaliere: dove “noi” ovviamente erano gli industriali. Frase anch’essa improbabile in bocca a John Elkann, perché è cambiato il rapporto tra industria e politica. A pensarci bene, ci si accorgerà che è cambiato nel senso di un’aumentata distanza.

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