→ luglio 25, 2015

di Franco Debenedetti e Nicola Rossi
Caro direttore, che l’ex ministro delle Finanze Varoufakis consideri «tossico» «finanziariamente nocivo» «fallimento economico» il meccanismo per le privatizzazioni richiesto, insieme ad altre condizioni per concedere il terzo piano di aiuto per la Grecia, non fa notizia: uno dei «biglietti da visita» con cui, insieme al presidente Tsipras, si era presentato a Bruxelles era proprio il congelamento delle privatizzazioni già avviate dal precedente governo. Le cose sono poi andate come sappiamo. Ma Varoufakis è tornato sull’argomento (Corriere del 21 luglio) per ricordare gli elementi essenziali di un piano che, a suo dire, avrebbe presentato ai partner europei a trattativa ormai inoltrata. E questo sì, suscita qualche commento e, in noi italiani, anche qualche ricordo. 11 piano di costituire una holding a cui apportare i beni da (eventualmente) dismettere, di valorizzarli prima di venderli usando i proventi di bond emessi usando quei beni come collateral, è fratello gemello del piano per «privatizzare» Iri ed Eni redatto dal professor Guarino quando era ministro dell’Industria del governo Amato, e in seguito innumerevoli volte rilanciato. Riproposto per la Grecia mostra ancora più evidenti le ragioni per cui va respinto: allora e adesso.
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→ luglio 24, 2015

Metti insieme BigData e geolocalizzazione, e le possibilità che scaturiscono son davvero infinite: perfino sapere le idee politiche di chi hai intorno. È la “app-politica”: la scarichi, rispondi a un paio di domande, e il tuo profilo politico viene definito. Raccogliendo i dati di tutti quelli che hanno la app, consente a ciascuno di sapere la “temperatura politica” in un determinato luogo. Estendi la ricerca a tutto l’edificio, a tutto il quartiere, a tutta la città: la “app-politica” ti dice, come e dove sono distribuite le preferenze politiche. Rendendo obsoleti gli istituti di indagine demoscopica. Nessun timore: è la fanta-tecnologia di un artista, Douglas Coupland. Ma non è fant-app che il mio smartphone sappia dove sono; ha il calendario e quindi sa dove devo andare tra mezz’ora;ha i dati del Fitbit e sa che stamattina mi sono stancato a ginnastica, e che quindi non andrò a piedi, anche se non piove; cerca i mezzi disponibili e mi mostra le alternative con tempi e costi: tram, car sharing, taxi. Niente Uber,perché sono a Milano, dove adesso i magistrati hanno proibito anche Uber con le berline NCC.
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→ luglio 15, 2015

Adesso che il gioco di Tsipras e Varoufakis è stato visto, tutto appare chiaro: hanno puntato sul fatto che l’Eurozona non potesse accettare il Grexit; hanno anche provato a rovesciare il tavolo con il referendum; ma alla fine hanno dovuto scoprire le carte. E i debiti di gioco, tra gentiluomini, si pagano nelle 24 ore.
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→ luglio 10, 2015

Il libro del neo ministro
“La crisi greca non è un caso speciale, non deriva dall’incapacità di fare riforme strutturali: rappresenta la crisi del progetto neoliberista”. Apre così il “Crogiuolo della Resistenza”, scritto, insieme a Christos Laskos, da Euclide Tsakalokis, il ministro che ha sostituito Varoufakis. Non è un instant book, è del 2012. Non è un pamphlet, è l’analisi di economisti colti ricca di tabelle e grafici, è il programma di marxisti rigorosi convinti dell’inevitabile fine della “sintesi neoliberista” su cui è costruita l’Europa. Mostra come dietro negoziazioni erratiche e comportamenti stravaganti, ci sia, preparata da anni, una strategia economica che va oltre il momento, propositi politici che vanno aldilà della Grecia.
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→ luglio 7, 2015

Tutto sommato meglio così. Con un “sì” stiracchiato a un quesito mal posto, oggi staremmo a elucubrare su sviluppi politici, dimissioni, rimpasti, elezioni, coalizioni. La scelta del popolo greco è per tutti una scelta di fare chiarezza. Da oggi pensare all’euro e pensare alla Grecia sono due cose, entrambe necessarie ma distinte.
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→ giugno 30, 2015

Al direttore.
Per il senatore Mucchetti, in “singolar tenzone” col professore Giavazzi, sarebbe stato “il duopolio Rai-Mediaset che in Italia ha imposto di non avere la tv via cavo”. In realtà, alle prime prove, la tv via cavo venne, letteralmente, abbattuta al suolo: la legge 14 aprile 1975 numero 103 consente al solo concessionario di stato la posa di ogni e qualsiasi rete di telecomunicazione; qualche apertura ai privati doveva venire dal decreto legislativo del 22 marzo 1991 numero 73, del quale però il ministero mai redasse il regolamento attuativo. Cioè non abbiamo la rete via cavo perché poteva posarla solo la Stet: che ritenne bene non posarla. Poco prima, il presidente della commissione Attività produttive del Senato, senatore Mucchetti, aveva affermato: “La Telecom non ha fatto molto bene, l’Italia ha un’infrastruttura debole, l’azienda è molto indebitata, e fatica a andare avanti”. Dipendenti, clienti, azionisti, mercato, siete avvertiti, non dite poi che non ve l’avevan detto: autorevolmente.
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