«Scelte deboli contro l’emergenza Stanno asserragliati nei Palazzi»

agosto 14, 2011


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«Uno scandalo il prelievo oltre i 90 mila euro»

«Stanno asserragliati in due chilometri quadrati nel centro di Roma, rinchiusi nei Palazzi della politica e non si rendono conto di quello che il Paese reale sta attraversando…». La domanda è lì, scende o non scende in politica, ma Luca Cordero di Montezemolo allarga il campo: «Non è questo il punto, adesso. Adesso è il momento di uscire dall’emergenza. Di ricostruire questo Paese. Di smetterla con il vizio antico della classe politica di rimuovere i fatti, anche la memoria di come si è arrivati a questo punto drammatico, pur di rimanere in sella. Non abbiamo mai sentito pronunciare da un politico una sola frase di assunzione di responsabilità».

Il premier ha detto che questa manovra gronda sangue, sacrifici per tutti…
«Farei un piccolo passo indietro. Siamo arrivati qui dopo che per mesi ci siamo sentiti raccontare che tutto andava bene. Ad ogni dato negativo seguiva sempre una rassicurazione del governo. Che bisognava solo far passare la nottata. Il ministro dell’Economia ha dispensato lezioni a tutti, economisti, imprenditori, sindacati e persino alla Banca d’Italia. Ed ecco dove siamo».

Certo, anche l’opposizione ci ha messo del suo…
«Ho sentito dall’opposizione teorizzare la propria superiorità morale e poi ho letto fatti di cronaca e tangenti. Ho sentito spiegare che i problemi dell’Italia iniziano e finiscono con Berlusconi, senza il quale vivremmo in un paradiso terrestre. Ma dimenticano anche loro gli anni non certo felici del centrosinistra. E tanto per fare un esempio: proprio il Pd ha votato contro l’abolizione delle province. Neppure la Lega fa eccezione, ha voluto la duplicazione degli uffici ministeriali nella Reggia di Monza».

Finalmente qualcosa si è mosso però, via una trentina di province e un bel po’ di privilegi.
«A Novembre? Dopo un censimento? Speriamo che sia cosi».

Almeno cominciano.
«Le sembra che abbiamo molto tempo davanti? La sensazione è che la gestione della crisi da parte del governo sia stata confusa e pasticciata. Liti personali, annunci, promesse di taglio delle tasse, la Lega che difende le poltrone. La maggioranza sembra un Circo Barnum».

Meno male che è arrivata la lettera della Bce…
«A nessuno piace farsi commissariare, ma ce la siamo cercata. L’intervento della Bce è stato fondamentale. La manovra di luglio era da minimo sindacale, chiaramente insufficiente. Sta accadendo una cosa importante: chiediamo all’Europa una governance comune ma in cambio vengono chieste a noi, e a tutti gli Stati membri, regole di comportamento rigorose. Uno scambio equo, direi. Per questo la proposta di Nicola Rossi sul pareggio di bilancio in Costituzione è fondamentale».

Dopo quella lettera la manovra è salita alla cifra record di 45 miliardi. Potranno bastare?
«Il decreto andava fatto, urgentemente. Abbiamo rischiato seriamente di entrare nel circolo vizioso greco. Ma non è all’altezza dell’emergenza in cui si trova il Paese. E soprattutto non affronta i veri nodi strutturali. Ancora una volta è un rimedio insufficiente».

Ma come? Età più alta per il pensionamento delle donne, prelievo sopra i 90 mila euro, addizionale per gli autonomi. Tfr congelato due anni per gli statali…
«Mi sembra positivo l’innalzamento a 65 anni per le donne ma è stato un errore gravissimo non toccare le pensioni di anzianità. Quello del prelievo sui redditi oltre 90 mila euro è invece uno scandalo puro e semplice».

Sono i redditi medio-alti…
«Non scherziamo, colpiscono chi vive di stipendio e paga quasi il 50% di tasse e vede persone intorno a sé che guadagnano molto di più dichiarando poco o nulla».

Ma il governo che strade aveva davanti?
«Vendere e dismettere e, se non fosse stato sufficiente, un vero contributo di solidarietà da chi se lo può davvero permettere».

Quale?
«Meglio varare un’imposta una tantum sui patrimoni superiori ai 5 o ai 10 milioni di euro, andando a colpire in questo modo anche gli evasori».

Una patrimoniale?
«Una cosa è chiedere un contributo di solidarietà a me o a Berlusconi, una cosa è colpire un dirigente con famiglia a carico».

Ma siamo sempre allo stesso punto, con un debito pari al 120% del Prodotto interno lordo risanare è un’impresa impossibile…
«Non credo proprio. Prima di mettere le mani nelle tasche dei cittadini bisogna ribaltare il rapporto: lo Stato deve assumersi l’80% dell’onere di questo risanamento. E solo dopo aver dato l’esempio può chiedere il 20% ai cittadini. Come? Vendendo, dismettendo, tagliando. Succede invece esattamente l’opposto. Uno slogan: prima vendete la Rai, poi venite a chiedere soldi».

Nel decreto ci sono le privatizzazioni delle municipalizzate e le liberalizzazioni.
«Al momento sembrano esserci solo indirizzi generici. Poco più che qualche buona intenzione. Non è quello di cui c’è bisogno. Ci sono tre priorità assolute che vanno messe in cima all’attività di governo: aggredire drasticamente il debito pubblico e riportarlo sotto il 100% del Pil, diminuire i costi di gestione del Paese. Rimuovere tutti gli ostacoli allo sviluppo delle imprese».

Su questo il governo vuole modificare l’articolo 41 per togliere lacci e lacciuoli…
«Quando sento Tremonti parlare di liberalizzazioni con la vuota retorica sull’articolo 41 mi viene da sorridere. Assieme ad altri abbiamo investito un miliardo per poter competere con le Ferrovie nell’Alta velocità e ogni volta ci troviamo davanti qualche ostacolo. Il ministero dell’Economia ha lasciato mano libera al monopolista».

Qui però lei ha un interesse privato, le Fs un interesse pubblico.
«Ah si? Io credevo che l’interesse pubblico fosse quello di far crescere l’economia, l’occupazione e la concorrenza. Ma come pensiamo di attrarre investimenti esteri se sono intralciati anche quelli italiani?».

Per ridurre il debito cosa bisognerebbe fare?
«A parte cedere le municipalizzate e quello che resta delle aziende non strategiche, bisogna accelerare la vendita del patrimonio, soprattutto immobiliare, che oggi non è messo a reddito. Anche scelte impopolari ma eque. Un gigantesco piano di dismissioni. Caserme, tribunali. Le faccio un esempio: a Napoli il molo San Vincenzo, una delle darsene più belle del mondo, è abitato da pochi militari».

Ma chi comprerebbe il nostro patrimonio immobiliare?
«Penso a un’agenzia pubblico-privata che ne curi il collocamento. Gli investitori non mancherebbero. Siamo a un momento decisivo, all’ultima chiamata».

Con l’anticipo del pareggio la situazione dovrebbe rimettersi a posto?
«Magari. Non basta. Abbiamo bisogno di un’operazione verità sullo stato del Paese. Direi che c’è bisogno di una nuova ricostruzione. I provvedimenti non sono quelli di cui l’Italia aveva bisogno ed è la prova che l’esecutivo sta finendo la benzina. Quel che è peggio è che la situazione dei mercati non ci consente di rimettere tutto in discussione. I saldi vanno assicurati per evitare il disastro».

Una ritirata dello Stato?
«Un cambio di passo. Ridefinire il rapporto tra Stato e cittadini è un problema con cui si stanno confrontando tutti i grandi Paesi. Oggi abbiamo uno Stato debole ma pervasivo, dobbiamo trasformarlo in uno Stato fortissimo nel suo core business – welfare, sicurezza, giustizia, scuola, difesa – che deve uscire da tanti settori dove crea spese, inefficienze e corruzione. La Cassa depositi invece di investire miliardi in fondi che rilevano aziende e persino aereoporti privati e reti elettriche, dovrebbe vendere. Vendere. Vendere e casomai costruiamo qualche infrastruttura».

Ma per fare questo forse bisognerebbe tornare ai governi tecnici degli anni Novanta?
«Non c’è bisogno di salvatori della Patria. Nell’emergenza dobbiamo per forza sostenere il governo, che pure ha completamente deluso. Ma se il governo continuerà a dimostrarsi non all’altezza dell’emergenza, allora è necessario che la parola torni rapidamente ai cittadini con le elezioni. Alla fine di questa legislatura bisogna voltare pagina».

Lei parla di ricostruzione…
«Dico che ci son molte persone per bene che vogliono impegnarsi, è necessaria una ricostruzione anche etica. I bizantinismi non hanno più spazio. Persino nella finanza e nell’industria personaggi che sembravano inamovibili sono tramontati, assieme a rituali vecchi e tutti italiani. Nella politica non è ancora successo e il bilancio della Seconda repubblica appare già fallimentare».

Si prepara lei per la Terza?
«Ognuno dovrà fare la sua parte nei diversi settori della vita civile, solo così un Paese pieno di eccellenze potrà risollevarsi».

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di Franco Debenedetti – Il Sole 24 Ore, 18 agosto 2011

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