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Vittorio, ti sei fatto fregare il terzo polo TV

Pubblicato il 28/11/1996 @ 12:42 in Giornali,Il Messaggero


Una lettera a Cecchi Gori

Caro Vittorio,
consentimi di porti pubblicamente una domanda che da qualche tempo mi frulla per il capo. Lo faccio con la franchezza che ti è cara. Ma che ne è del terzo polo tv? Non intendo TMC e Videomusic, i cui attuali limiti sono sotto gli occhi di tutti. Per terzo polo intendo l’ambizione di sfidare su tecnologie e contenuti, l’attuale sistema Rai – Mediaset. Consentimi però una premessa necessaria per il lettore.

Da qualche tempo i giornali mostrano una vistosa pubblicità Stream. Un’audace ricostruzione del capolavoro michelangiolesco, in stile tra Novella Duemila e il prêt-à-porter, celebra la creazione dell’uomo multimediale, l’istante in cui, via telecomando, la vita multimediale viene infusa in un baldo Adamo dal dio creatore Stet-Stream: dietro cui occhieggiano Dracula, Charlot, un pugile, un’improbabile Shirley Temple, acerbi ragazzini, personaggi virtuali. Sui giornali le pubblicità, per le strade i cantieri. Avrai notato che in tutti, si tratti di Enel, Italgas o di Telecom, ci son sempre dei tubi corrugati azzurri: sono i cavi in fibra ottica con cui Stet cabla le città a tappe forzate. Perché? Perché i cavi consentono di trasmettere insieme telefono e televisione, tanta televisione, centinaia di canali. Stet occupa il territorio, prima che quei guastafeste di Bruxelles e di amato glielo impediscano, caso mai a qualcuno venisse in mente di farle, dio non voglia, concorrenza nella telefonia urbana.
A qualcuno come il sottoscritto due anni fa non sembrava bello che il monopolista del telefono diventasse anche il monopolista della televisione via cavo: e come si arrabbiavano, allora, quelli di Stet! Noi, dicevano, non faremo mai televisione, noi mettiamo solo i cavi e saranno lì a disposizione di tutti: ancora una volta è l’industria pubblica che interviene dove i privati non ci sono (e come potevano esserci, se era ed è proibito?). Abbiamo fatto una società, Stream, appunto?, ma è solo per dimostrare le potenzialità del mezzo a questi privati che, al solito, se proprio non gli cucini la pappa e non li imbocchi, non si muovono dal loro seggiolone.
Tu, caro Vittorio, queste cose le sai benissimo, perché ne abbiamo parlato più volte, nella tua bella casa sotto Monte Mario. Avevi appena comprato Telemontecarlo, volevi costruire il terzo polo televisivo. «Quel … di Berlusconi, gli faccio vedere io, io ho i film, e senza film è fregato!» mi dicevi. C’era il Cavaliere al governo, passione politica e rivalità imprenditoriale ti infiammavano l’anima; il tifo sportivo dava al tuo discorso gli accenti con cui sferzi i giocatori – e gli allenatori – della tua Fiorentina: accenti notoriamente né sommessi né timidi.
Quando riuscivo a interrompere il tuo battagliero entusiasmo ti facevo presente che c’era un grande spazio aperto, la televisione via cavo. tu conosci il mondo del cinema come pochi altri, ti dicevo, sei nello sport, hai i due ingredienti che fanno il successo della tv a pagamento.

L’Inghilterra ha dimostrato che si possono attirare capitali internazionali per finanziare lo sviluppo del cavo e fare concorrenza al monopolista telefonico quando Bruxelles ci imporrà di liberalizzare. Perché, ti dicevo, non cerchi di essere il primo nel cavo anziché il terzo nell’etere?
Non ti convinsi. Io pensavo che il problema di Berlusconi riguardasse il suo impegno in politica. Ma il problema del sistema tv era ed è la Rai, l’anomalia di privati che devono fronteggiare l’impropria concorrenza con chi è sostenuto finanziariamente dal canone e di queste risorse ha fatto – come si vede e si continuerà a vedere – la tv piegata a fini di partito. E pensavo che un imprenditore privato dovesse comunque preferire vedersela con un suo pari, che con un concorrente improprio perché pubblico. Ma era difficile interrompere la tua torrenziale eloquenza.
Sta di fatto che invece tu non hai creduto nella sfida del cavo, per la quale non avresti avuto problemi ad ottenere il sostegno di qualcuno dei grandi gruppi mondiali. Così è andata che Pascale ha fregato tutti e due, e con noi tutti gli italiani: ormai la partita del cavo è persa. Tant’è vero che il divieto asimmetrico per Stet di fare tv – che con tanta fatica avevamo introdotto nel testo di legge in esame nella passata legislatura – è invece sparito nel testo bloccato al Senato. Per effetto di questo errore, chi come te ha disponibile un magazzino film che altri non hanno dovrà – forse – accontentarsi del satellite. Ma lì ci saranno anche gli altri, anche la Rai: visto che, nel silenzio dei più, ha affittato due transponder sul nuovo satellite HotBird 2. Spero proprio di sbagliarmi, ma in queste condizioni il terzo polo tv sarà solo una sedicente alternativa a Rai e Mediaset.
Quelli ci distraggono con le epiche battaglie per un Pippo Baudo per Sanremo, ma poi sotto sotto si mettono d’accordo sulla legge Maccanico. Adesso il rischio è non solo di avere meno tv privata sui nuovi mezzi tecnologici, ma di avere anche rinviato ogni concorrenza nella telefonia fissa: quando tra due anni scatterà la liberalizzazione, se va bene staremo litigando sul nocciolo duro di Stet. E, come è facile prevedere, nessun grande gruppo italiano o estero vorrà rischiare prima di conoscere l’esito di quella partita.
Forse non poteva andar diversamente, ma sarebbe stato bello provarci. Guardando il Michelangelo versione Stet non posso non pensare, con rimpianto, che forse poteva essere un altro toscano a dare vita all’uomo multimediale.

Con tanta cordialità.

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