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Un Target tutto nuovo per riequilibrare Eurolandia

Pubblicato il 30/01/2014 @ 18:57 in Articoli Correlati


di Riccardo Sorrentino

All’Unione monetaria manca un pezzo. È stata costruita sul presupposto, molto teorico, che le economie reali, convergendo, avrebbero riequilibrato anche gli squilibri finanziari. Non è andata così. Eurolandia convive con forti squilibri tra Paesi creditori e debitori e senza un sistema “simmetrico” per risolverli.

Il tema, che solo in parte coincide con quello degli squilibri commerciali all’interno di Eurolandia, è molto dibattuto, anche nella blogosfera. Un convegno e una tavola rotonda organizzati dal Baffi Center on International Markets, Money and Regulation dell’Università Bocconi su «Come riequilibrare l’Eurozona», ha affrontato ieri il tema, avanzando una proposta incentrata su Target 2, il sistema di pagamenti europeo che registra questi squilibri.
L’argomento merita sicuramente di essere posto al centro dell’attenzione. Nel sistema attuale – un sistema di cambi fisso, in sostanza – vige, ha spiegato Massimo Amato, il principio della liquidità: i Paesi creditori possono accumularne in modo indefinito, perché l’onere del riequilibrio cade tutto sui Paesi debitori i quali, finché le aspettative non si invertono, possono continuare a finanziare i propri deficit. Un credito che non incontra mai perdite diventa così una rendita.

Questo smonta due miti: dietro il libero scambio si nasconde in realtà una forma di mercantilismo, a favore dei Paesi creditori, e il «dolce commercio» di cui parlavano gli illuministi, invece di assicurare la pace, «fa accumulare motivi di contrasto». Una disciplina poco economica come quella delle Relazioni internazionali, del resto, è giunta da tempo, grazie al lavoro di Kenneth Waltz, alla conclusione che l’interdipendenza crea frizioni e persino conflitti. E già Keynes aveva individuato nel sistema di commercio internazionale dell’epoca «un espediente disperato di mantenere l’occupazione in patria spingendo le vendite sui mercati esteri e riducendo gli acquisti che, se riesce, sposterà semplicemente il problema della disoccupazione al Paese vicino che soccombe nella lotta».
Anche Eurolandia soffre del problema degli squilibri debitori tra Paesi. Si è pensato, ha aggiunto Carlo Altomonte, che i flussi di capitale sarebbero andati verso i Paesi con minore produttività relativa facendoli convergere verso i “migliori”, ma non è andata così. I capitali sono stati più veloci della produttività relativa e questo ha creato una crisi della bilancia dei pagamenti «da manuale».

Questa prospettiva permette di cogliere la crisi di Eurolandia sotto un diverso punto di vista. Nasce direttamente da quella dei subprime, che – nota Altomonte – non è una crisi americana: il 50% delle banche di Wall Street è europea e sono stati i fondi europei i primi a subire il colpo delle difficoltà dei mutui immobiliari. Se gli Usa hanno permesso alla Fed di assorbire le perdite bancarie (senza danni per il suo bilancio), in Eurolandia sono stati chiamati a farlo i bilanci pubblici. Ben presto, però, anche i bond sovrani, emessi in abbondanza, sono diventati “a rischio” e le difficoltà si sono solo spostate. Il sistema si aggiusta solo aggiungendo qualche forma di solidarietà fiscale all’Unione bancaria: se un Paese subisce una crisi bancaria, aggiunge Altomonte, le risorse per risanarlo non possono venire da quello stesso sistema finanziario. La Germania non ha però alcun interesse ad andare fino in fondo, su questa strada, che richiederebbe ovunque – anche in Italia – un modifica costituzionale.

La proposta del Baffi Center, descritta da Luca Fantacci, punta a intervenire su Target 2, il sistema dei pagamenti che registra tutte le operazioni finanziarie tra Paesi partner. L’idea, semplificando molto, punta a individuare le sole operazioni commerciali e di investimenti diretti e a introdurre commissioni simmetriche sui relativi deficit e surplus. In questo modo si punta però a riequilibrare solo i deficit e i surplus correnti che, come ha ricordato nella tavola rotonda Giuseppe Ferrero dell’Ufficio studi della Banca d’Italia – e come aveva spiegato una fondamentale, e più ampia, ricerca di Claudio Borio e Piti Disyatat della Banca dei regolamenti internazionli – possono essere anche del tutto sganciati dagli squilibri finanziari.

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