UMTS, il grave errore di indebolire l’Authority

giugno 25, 2000


Pubblicato In: Giornali, Il Sole 24 Ore


Nella vicenda UMTS la questione che più ha appassionato il pubblico e occupato gli operatori è stata l’entità delle somme che le aziende dovranno pagare e che lo stato potrà incassare. Di fronte alle stratosferiche cifre realizzate dall’Inghilterra, previste dalla Germania, e ipotizzate per l’Italia, sono passate quasi inosservate le modalità con cui sono state stabilite le regole per il rilascio delle concessioni, e il singolare iter procedurale seguito.

In linea generale queste regole sono stabilite dal DPR 318 del 19 settembre 1997. Le procedure, si legge all’art 13, devono essere “aperte, non discriminatorie e trasparenti”. Al comma c si precisa che “nel caso di procedure di licitazione” l’Autorità deve chiedere la “costituzione di un comitato dei Ministri incaricato di coordinare la procedura stessa in particolare per quanto attiene al bando e al disciplinare di gara [e di] selezionare i valutatori che devono procedere alla verifica delle offerte di gara ed alla formazione della relativa graduatoria”. Dove è interessante notare quel “nel caso” e memorizzare quel “coordinare”. Il 22 dicembre 99 l’Autorità delle Comunicazioni comunica che le licenze saranno 5 e approva il regolamento per il rilascio delle stesse: “uno dei criteri potrà essere costituito dall’importo che le imprese verseranno […] sulla base di un valore minimo che l’Autorità fisserà entro 60 giorni”. E’ il beauty contest.
Due fatti intervengono a modificare un percorso che sembrava tracciato con sicurezza: la conclusione della gara in Inghilterra, in media di 14-15.000 miliardi a licenza; e il cambio di Governo. Il presidente Amato nel discorso per la fiducia spiazza tutti ponendosi un limite minimo di 25.000 miliardi per l’insieme delle cinque licenze: come a dire 5000 Miliardi cadauna anziché i 500 prima previsti. Ed è proprio il Comitato dei Ministri che s’incarica di dettare le nuove regole. Non c’è che dire, un’estensione alquanto ardita del “coordinare” di cui sopra: giacché un soggetto non può regolare l’istituto normativo che lo istituisce. E’ invece proprio questo che ha fatto il Comitato dei Ministri chiedendo all’Autorità di riscrivere il Regolamento secondo i propri criteri. E l’Autorità ha eseguito: nell’involucro formale del beauty contest si svolgerà un’asta con rilanci multipli.
Si può disquisire su quel “nel caso” su cui richiamavo l’attenzione, se cioè fosse obbligata la scelta della licitazione privata (beauty contest) rispetto all’asta; ma è un fatto che la scelta su base qualitativa pochi mesi dopo è diventata un’asta in cui il beauty contest è ridotto a una prequalificazione: sempre in base alla stessa legge 318.
La questione non è giuridica, ma politica. L’Autorità si è fatta interprete, fedele e docile interprete, della volontà del potere politico. Lo ha fatto due volte, nella prima e nella seconda scrittura. Sulla seconda ci sono pochi dubbi, difficile trovare un’occasione più visibile e una sede più solenne per annunciarla. Quanto alla prima, l’orientamento del Ministro delle Comunicazioni era ben noto. Il 31 Gennaio, intervistato da Marco Esposito di Repubblica, il Ministro Cardinale a domanda risponde: “Ho spiegato perché abbiamo scartato l’asta. Se abbiamo scelto la licitazione privata è per rispetto degli utenti e per evitare colonizzazioni dall’estero”.Ragioni tutte indiscutibilmente politiche, il Ministro non si nasconde certo dietro quel famoso “ nel caso”, non ricorre ai presunti limiti imposti dalla 318.
Questa storia ha prodotto un danno grosso al paese. Non già il danno, di cui alcuni hanno parlato – a torto, come è stato esaustivamente dimostrato – che deriverebbe ai consumatori per i prezzi eccessivamente alti che il sistema impone alle imprese; ma il danno alla credibilità dell’Autorità che la legge pone a garanzia del sistema delle comunicazioni. La legge la vuole indipendente dall’esecutivo, e invece questa Autorità per due volte ha obbedientemente eseguito la volontà del Governo. La legge la pone a presidio anche al sistema della TV, e le decisioni che questa Autorità dovrà prendere hanno importanza ancora più rilevante delle migliaia di miliardi in gioco nella vicenda UMTS.
In questa brutta vicenda ci sono ben due cambi di fronte rispetto al recente passato. Uno più grave dell’altro. Il primo, sul terreno politico, l’ha fatto la sinistra. Era partita istituendo le Autorita’ nel nome della separazione tra politica ed economia, ritorna oggi alla chetichella alla tentazione di “decidere” a tavolino di politica industriale. Un vecchio vizio che gli tornerà sulla testa, perché praticato proprio ai danni dell’Autorità che proprio la sinistra, con la dichiarata intenzione di utilizzarla in funzione di antitrust televisivo, ha voluto competente anche di tv, e che proprio per questo ha una composizione iperpoliticizzata nel suo meccanismo di nomina parlamentare.
Sarà difficile per la sinistra, domani, se Silvio Berlusconi dovesse dettare all’Autorità una decisione in materia tv, insorgere dimenticando che è essa ad aver posto, sull’Umts, il temibile precedente.

L’altro cambio di fronte invece investe direttamente la responsabilità di chi l’Autorità presiede e rappresenta, e della cui autonomia è garante. Avere accettato di finire sotto il tallone del Governo è stato un errore grave e costituisce un motivo di amarezza tanto più grave quanto, come personalmente avviene a me, del professor Cheli si ha stima e considerazione.

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