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Tv via cavo e Enel: due casi emblematici
Pubblicato il 01/04/1995 @ 12:40 in Varie
Liberalizzazione della TV via cavo e assetto del settore dell’energia elettrica: questi i due temi che mi hanno particolarmente impegnato in questi mesi. Due temi che solo superficialmente possono apparire specialistici, mentre sono di straordinario interesse per tutti e non solo perché tutti, privati e imprese, paghiamo le bollette della luce e del telefono, o perché guardiamo la televisione. Vediamo perché.
1. Cultura del mercato.
Era un impegno della mia campagna elettorale. L’Italia, è stato detto, per l’abnorme dimensione di attività economiche sotto controllo pubblico, è il più grande paese socialista dell’Occidente. Questa presenza non ‘sottrae solo campi di attività all’iniziativa privata; se in un settore industriale c’è solo una grande azienda monopolista, anche i suoi fornitori possono avere un solo cliente, verso il quale si trovano in condizioni di sudditanza. Si genera allora una cultura dell’intervento statale, che è l’altra faccia della medaglia dell’assistenzialismo. Le Aziende di Stato sanno che possono contare su fondi di dotazione illimitati, e per assicurarseli, cercheranno il favore dei politici, o si metteranno a fare politica.
2. Innovazione tecnologica
Questa riguarda in particolare il settore delle telecomunicazioni.
Digitalizzazione del segnale, nuovi servizi telefonici, satellite, ma soprattutto l’interattività, la possibilità cioè di usare il televisore non solo come ricevitore passivo di programmi, ma anche come postazione da cui rimandare dei comandi: per ordinare la visione di un film all’ora voluta, per svolgere attività finanziarie, per fare acquisti da grandi magazzini, per la formazione a distanza ed il lavoro da casa.
Ma i governi sono dei pessimi gestori dell’innovazione tecnologica. Questa invece vive bene nel mercato, che è rapidissimo nel selezionare, con le proprie scelte, l’innovazione vincente: lasciando che sia l’investitore a rischiare i propri soldi. Se il compito di cablare n’Aia fosse lasciato alla Stet, non soltanto consegneremmo un altro monopolio a chi già detiene il monopolio telefonico (e sarebbe già un motivo sufficiente per opporvisi), non soltanto leveremmo la possibilità di far nascere dei concorrenti nella telefonia, ma dovremmo prendere delle decisioni tecniche su scala nazionale, pagate o con le nostre tasse o con la bolletta telefonica.
Se invece si danno tante concessioni locali, le soluzioni tecnologiche migliori emergeranno dalla loro competizione. Si parla tanto di autostrade informatiche, e delle meravigliose opportunità che ci offriranno, ma in concreto le autostrade informatiche sono le reti in fibra ottica che entrano in tutte le case. Incominciamo a costruirle, pezzo per pezzo, città per città: ci sono nel mondo investitori pronti ad anticipare i soldi per costruirle.
Penseremo poi a come collegarle tra di loro, e ad estenderle a tutto il territorio nazionale.
3. Il problema della televisione.
Qui non abbiamo un monopolio, ma uno strano oligopolio, tra l’impresa pubblica (la RAI) ed un’impresa privata (la Fininvest). Il motivo di fondo è che il numero dei canali televisivi che si possono trasmettere via etere è limitato, quindi logico che ci sia una guerra accanita per contenderseli.
Il fatto poi che 3 (o sei?) di questi siano di proprietà del leader di uno schieramento politico rende scottante il problema. Il cavo può invece trasmettere 100 (ma in alcuni casi fino a 500) canali: è ovvio che in questo caso nessuno se li può accaparrare tutti, il pluralismo è assicurato.
Mentre gli altri paesi vanno verso il mondo dell’abbondanza, noi stiamo accanitamente combattendo la battaglia per il controllo di risorse scarse, una battaglia di retroguardia, che difficilmente darà soluzioni soddisfacenti. Non solo, ma la grande capacità trasmissiva dovrebbe anche favorire la nascita di molti fornitori di programmi, quindi rilanciare l’attività creativa, con interessanti risvolti occupazionali.
4. Le realtà locali.
Tutti, a parole, sono per il federalismo, che ha risvolti istituzionali e fiscali complessi. Ma il federalismo richiede che si formi un rapporto diverso, più stretto, tra autorità locali, ambiente economico, realtà sociale. Articolare localmente iniziative industriali vuoi nel campo della TV via cavo, vuoi in quello della distribuzione dell’energia elettrica, consente il formarsi di questi rapporti, stimola il senso di appartenenza, un sano orgoglio competitivo tra città. Non esistono solo le attività industriali che hanno interesse a promuovere i loro prodotti su tutto il territorio nazionale, ci sono anche attività commerciali che si avvantaggiano di uno stretto rapporto con le realtà territoriali. Enel e TV via cavo: due settori in evoluzione, due settori in cui realizzare concretamente l’impegno, che avevo preso con gli elettori, di utilizzare la mia esperienza d’azienda per introdurre concorrenza, per ridurre la nostra distanza dall’Europa, da una cultura basata su mercati da stimolare e da regolare.
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