Troppi silenzi sulla Stet

febbraio 2, 1997


Pubblicato In: Giornali, La Stampa


Immaginiamo il gestore di un fondo di investimento straniero: è interessato alla privatizzazione dei telefoni in Italia, ma il «giallo» di un go­verno che manda a casa i verti­ci della società, che pure aveva riconfermato pochi mesi pri­ma, senza dare uno straccio di spiegazione non lo lascia tran­quillo. Prima di investire i sol­di dei suoi pensionati, manda in Italia un suo analista per cercar di capire cosa sta succe­dendo. Il giovanotto arriva, si mette in moto incomincia a fa­re la più ingenua delle doman­de: perché? «Adesso il padrone è il Tesoro – gli dice uno – che ha deciso di fondere Telecom in Stet: cambiare squadra è lo­gico. Volevano aspettare il pri­mo consiglio di amministra­zione, questione di pochi gior­ni. Ma un giornale ha fatto uno scoop, gli ha scoperto il gioco e han dovuto anticipare». Il gio­vanotto si accorge che l’amico, mentre parla, arrossisce un po’, giovane sì, americano an­che, ma che lo facciano così in­genuo…

«Sai, gli dice un altro, Van Miert si è arrabbiato, ha chie­sto a Ciampi se in Italia co­manda il governo o la Stet, e han dovuto obbedire». Il gio­vanotto pensa che cose del ge­nere non le facevano neppure le repubbliche centro-ameri­cane ai tempi di Roosevelt, l’altro, quello del bastone. E poi perché il burbero commis­sario si fa certe idee? «Beh, il governo si era visto bocciato il decreto per far passare Stet dall’Iri al Tesoro, qualche de­putato assente…».

Al nostro amico una cosa so­prattutto non quadra: perché il governo si ostina a non dare spiegazioni? Va be’ che non siamo in America, ma la cosa non gli torna. Va in albergo e incomincia a ragionare, come faceva quando studiava per il suo Mba. Se la causa scatenan­te è stata la bocciatura del de­creto, ci sono solo due ipotesi: o la precedente riconferma ha incoraggiato una parte della maggioranza a mettere i bastoni fra le ruote, ed allora il silenzio copre l’imbarazzo del governo a riconoscere di aver fatto un errore. Oppure si sospetta che sia stato il vecchio management stesso a creare le condizioni materiali per la bocciatura, e allora il silenzio copre una difficoltà nella mag­gioranza.

Oppure il decreto non c’en­tra nulla: qualcuno nel governo si è accorto che, mentre cercava di mediare fra Van Miert e Bertinotti, qualcun altro in azienda badava a cose più concrete, e aveva già deciso che cosa sarà, e soprattutto di chi sarà la Stet privatizzata. Ma in questo caso il problema sareb­be grosso e starebbe dentro al governo: perché è difficile credere che il management non si fosse procurato qualche copertura, e agisse per conto pro­prio. Il nostro amico non è tipo da scandalizzarsi, l’ipotesi lo intriga. Osserva che Rifonda­zione si è limitata a criticare Rossi, ma questo non gli sem­bra una notizia. Nota invece che le altre forze della maggio­ranza di governo sono state decise nelle loro critiche, che si sono solo lentamente, e solo parzialmente, sanate. Per ri­sentimento di lesa collegialità? O non piuttosto perché alcune componenti di centro vedevano nel management preceden­te la garanzia che si sarebbe privatizzato sì, ma con un ben preciso modello di nocciolo duro?

Il nostro amico si mette da­vanti al computer e incomincia a fare il suo rapporto. Nonsappiamo che cosa avrà scrit­to, ma c’è da dubitare che abbia mandato indicazioni entu­siastiche e rassicuranti. Finché non ci si vede chiaro, con tutti quei titoli telefonici da com­prare in giro per l’Europa…

Già, non sempre il silenzio è d’oro.

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