Toaff senatore oggi più che mai. E per l’altro posto ho due nomi.

aprile 27, 2005


Pubblicato In: Giornali, Il Riformista

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Proposte. Dopo Benedetto XVI

Il Riformista ha lanciato un appello per sostenere la candidatura di Elio Toaff, rabbino emerito, a senatore a vita. L’ho firmato con convinzione, per la qualità della persona e per la testimonianza di una vita; ma anche perché mi sembra utile che in Parlamento sieda un maestro della religione del Libro, quella che si fonda interamente e solamente sulla parola, e quindi non cessa di scavarne la profondità, di analizzarne il significato, quella in cui preghiera e meditazione sono anche discussione con Dio.

Se il presidente Pera, “a nome dell’intero Senato”, dunque dell’intera nazione che ogni senatore rappresenta, afferma che il pontificato di Benedetto XVI “sarà importante per tutti noi che abbiamo bisogno di una guida morale, spirituale e di una nostra identità”, credo che sia utile a tutto il Parlamento una presenza, come quella di Toaff, che ricordi i cittadini italiani che riconoscono altre guide morali e spirituali, e quanti, credenti e non credenti, che sono orgogliosi di identità altrimenti fondate.
Se Silvio Berlusconi saluta, “come capo del Governo, l’elezione di Benedetto XVI, pontefice della Chiesa Cattolica e vescovo della città in cui questo Parlamento vive ed opera”, mi sembra doveroso ricordare che a poche centinaia di metri dal Senato in cui pronunciava queste parole, nel ghetto, abitano ebrei romani discendenti di quelli che qui vennero, vissero e – ahimè – soffrirono, da prima che avesse inizio l’era volgare.

Il Presidente della Repubblica ha facoltà di nominare anche un altro senatore a vita: in proposito vorrei, con tutto il rispetto, esporre ed illustrare una mia considerazione. La nomina di un senatore a vita non è solo l’onore reso dalla nazione a un suo cittadino illustre: è anche l’indicazione di una via da seguire e un esempio con cui illuminarla. In un momento in cui il Paese sembra essere in affanno, avverte che sta perdendo energia, teme minacce esterne, tende a chiudersi alla ricerca di protezione, anche il valore simbolico del conferimento del laticlavio a vita deve essere usato come un capitale per aiutare il Paese a uscire dalle difficoltà presenti.
L’Italia ha bisogno di più concorrenza e di più innovazione: usiamo il potere di comunicazione di questo massimo riconoscimento come un faro che indichi la strada.
Esposto il criterio, azzardo due esempi, uno per ciascuno dei settori indicati. Se é la concorrenza, Sergio Ricossa; se l’innovazione, Ettore Sottsass.
Sergio Ricossa è il più liberale degli economisti. Rectius, è un economista libertario, nel senso popperiano, secondo cui un liberale è un libertario timido: e Ricossa timido non lo è davvero. Ci vuole logica acuminata, sottigliezza socratica, coerenza cristallina per iniettare nel Paese la dose massiccia di concorrenza di cui ha bisogno. Lo dice anche Mario Monti: se lo si constata e lo si ripete anno dopo anno, perché non ricorrere all’estremismo rigoroso di Sergio Ricossa? Sarebbe anche la riparazione di un torto intellettuale verso il liberismo: quello vero, quello non timido, nel nostro Paese è stato per lo più emarginato e sconfitto dal populismo e dallo statalismo, da soli o alleati tra loro.
Anche la frattura tra ricerca e innovazione, tra università e industria, é tema oggetto di decennali lamentazioni. Forse per questo ritorniamo così sovente a quei mitici anni ‘50 e ‘60, illustrati in una grande mostra a Palazzo Reale a Milano, per cercare di scoprire i segreti della creatività e dell’entusiasmo di quel miracolo economico. Anni di straordinaria innovazione, in architettura, nel cinema e – soprattutto – nel design. Oggi le grandi fabbriche fordiste non ci sono più, le TLC e la TV seguono propri sentieri di sviluppo, le autostrade sono quelle fatte allora, le ferrovie quelle che neppure allora vennero fatte. Se siamo ancora un Paese che esporta, se siamo noti e ammirati e imitati nel mondo, lo dobbiamo al modo in cui in quegli anni abbiamo saputo innovare, interpretare l’interazione dell’uomo con le nuovo tecnologie, con i nuovi materiali, con i nuovi modi di vivere e di abitare. Questo è ciò di cui consiste il design. Oggi le frontiere non sono più la plastica e l’alluminio, il vestire e l’abitare: ma il tema dell’interazione tra uomo e tecnologia pervade con la pervasività delle tecniche, si apre con il ventaglio della loro potenzialità. Ettore Sottsass è stato uno dei protagonisti di quella mitica era del design, con la macchina per scrivere Valentina e con il calcolatore a transistor Elea, solo per citare due esempi noti a tutti. Come ha fatto per tutta la vita, ancor oggi continua ad esplorare la zona di confine tra uomo e macchina, tra uomo e oggetti, tra funzione e suggestione, a cercare gli angoli diversi da cui vedere le cose. Anche Ettore Sottsass lo fa usando sistematicamente la provocazione. Ma credo che proprio di provocazioni di questo genere abbia bisogno l’Italia.

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