Terremoti finanziari, il libro delle scosse che hanno rovesciato l’Occidente

maggio 4, 2012


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recensione di Ilaria Liprandi

La crisi finanziaria ha rovesciato il mondo occidentale con l’irruenza di un terremoto. A differenza di un sisma naturale, però, il collasso economico poteva essere previsto. Pochi economisti lo avevano intuito: Raghuram Rajan è uno di questi e Terremoti finanziari – Come le fratture nascoste minacciano l’economia globale (Einaudi) è il libro in cui spiega come ha fatto. La metafora usata per raccontare la crisi è semplice ma potente: tutta l’economia è attraversata da fratture nascoste, vere e proprie faglie che minacciano la stabilità dell’economia mondiale.

Rajan, economista indiano dell’Università di Chicago, le illustra ad una ad una: una spiegazione completa, che non si ferma ai mutui subprime americani, ma spazia dal sistema previdenziale alla regolamentazione politica per arrivare alla finanza.

La prima scossa al sistema economico arriva dalla diseguaglianza nei redditi, nell’accesso all’istruzione e agli strumenti di protezione sociale: così l’economia è minata dalle fondamenta. Da questa prima profonda faglia si propagano scosse più potenti, che si amplificano l’una con l’altra: la politica, incapace di rispondere concretamente alle diseguaglianze, sceglie la strada più facile da praticare incentivando i consumi e immettendo più liquidità sul mercato lavorando anche sui tassi d’interesse e abbassandoli.

Da qui, è un susseguirsi di piccole e grandi scosse: la finanza si assume rischi crescenti incoraggiata dai rendimenti dei titoli che si impennano. Intanto la politica, anziché prendere decisioni per aiutare i mercati a reagire in modo coerente con la situazione economica, spera che questi correggano il tiro da soli, limitandosi ad intervenire solo quando tutto è crollato e non resta che raccogliere i cocci di banche e società.

Il sistema di incentivi economici è falsato e trema ad ogni scossa: anziché sanare le fratture sotterranee, gli attori coinvolti (dai banchieri ai semplici proprietari di case) prendono decisioni apparentemente razionali, ma superficiali ed inserite in un sistema finanziario squilibrato.

Rajan guarda la crisi finanziaria dall’esterno: vede un Occidente che vive al di sopra delle proprie possibilità e un altro mondo, i Paesi emergenti, che generano senza sosta capitali, in cerca di una piazza finanziaria dove essere investiti. Arrivano a Wall Street, dove la finanza vive uno stato di eccitazione continua. Così, come in un domino, le scosse si potenziano l’una con l’altra e il cerchio dei terremoti si chiude con il crollo.

Serio e sobrio, Rajan non cede alla tentazione di facili populismi e non è alla ricerca di capri espiatori. Non esistono nella sua storia forze oscure o complotti: la finanza non viene demonizzata, non si favoleggia sull’avidità dei capitalisti o sulle colpe dei politici. Non ha paura di ammettere che il sistema finanziario è necessario in un mondo che vuole crescere ed innovarsi; non demonizza il rischio, ma semplicemente ne suggerisce un’assunzione più ragionata.

Il racconto è chiaro e riesce nell’intento di spiegare l’economia a parole, senza usare diagrammi o formule. Le soluzioni avanzate dall’economista non sono mai estreme, ma anzi sempre contraddistinte da una calma e profondità tutte orientali, quasi zen. Il suo è l’occhio calmo e professionale di un esperto che vive e conosce l’economia occidentale, senza esserci nato: un distacco che deriva dalle sue origini orientali ed anche dalla sua indole pratica e tecnica (Rajan è stato ingegnere, prima che economista).

Terremoti finanziari è un libro che spiega la recessione globale senza gettare il lettore nello sconforto: la crisi non è la fine di tutto. Per Rajan, è l’occasione per imparare a costruire un ponte fra le profonde fratture che destabilizzano il sistema economico e resistere a terremoti futuri.

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