Telecom, la strada della prudenza

ottobre 28, 1998


Pubblicato In: Giornali, Il Sole 24 Ore


Telecom continua a essere nel ciclone delle critiche: per come é stata privatizzata e per come è stata gestita successivamente. Tesoro, azionisti, manager, azienda, nessuno è risparmiato.
A Telecom ha recato danno l’episodio delle errate previsioni sull’andamento aziendale: giustamente. Ma assai più sta nuocendo questo coro di giudizi sull’intera operazione: ingiustamente, poiché l’operazione presenta, a ben vedere, un bilancio nettamente positivo.

Positivo é innanzitutto che Telecom sia stata privatizzata. Certo, dopo un anno il Tesoro detiene ancora delle quote; ma ha riconfermato che cederà al più presto. Certo, Telecom è gravata da golden share, affidata per 3 anni tutta intera ad un nucleo stabile: ma queste erano, nel giudizio del Tesoro, le condizioni di praticabilità politica. Certo il nucleo stabile ha dimensioni ridottissime: ma è illogico trarne motivo per criticare tutti, sia chi é entrato, sia chi non é entrato a farne parte, dare agli uni la patente di furbi, agli altri di pusillanimi. Sul piano gestionale si é impedita l’operazione trasformistica di consegnare l’azienda al vecchio management; si è abbandonato il faraonico progetto di cablaggio, e il DECT che rischiava di danneggiare TIM, la gallina dalla uova d’oro. Non è poco aver salvato il “gioiello nazionale” dalle peggiori eredità della gestione pubblica.
Sul piano strategico, si é smontata l’alleanza con AT&T, frettolosamente conclusa alla vigilia della privatizzazione; e non si sono fatte mosse troppo costose e che impegnino per il futuro in modo irreversibile. Non è poco rispetto al nulla fatto da Stet negli anni d’oro, quando le sue iniziative le erano valse l’epiteto di “high bidder loser”.
Se non si fosse privatizzato si sarebbe fatto certo di meno o di peggio. Nonostante la “gaffe” delle errate comunicazioni, nonostante i tourbillon al vertice, nulla ha finora intaccato il valore patrimoniale e la capacità reddituale dell’azienda.
E allora perché tante critiche? Se questa analisi è corretta, la conclusione è una sola: più che la realtà, è il suo scostamento dalle aspettative ciò che si critica. Ma erano le aspettative ad essere mal poste. L’interazione degli interessi presenti nel nucleo consentiva di prevedere questo risultato; e, se tutto va bene, potrebbe dar luogo a una conduzione aziendale tale da meritarsi un giudizio positivo anche alla scadenza del patto di stabilità, il 31 dicembre 2000.
La composizione del consiglio, i limiti all’aumento delle quote dei soci del nucleo, i limite del 3% al possesso azionario: sono clausole non modificabili, sono scritte nel contratto di vendita e nell’OPV, o nello statuto. La società fino al 2000 vive una specie di lungo “semestre bianco”. Come nel semestre bianco non si può fare ricorso agli elettori per modificare gli equilibri in parlamento, così non si può far ricorso al mercato per alterare gli assetti proprietari. Una situazione in cui le differenze di interessi si esaltano, gli accordi si trovano solo su programmi minimi.
Quali sono gli interessi di chi oggi governa l’azienda? Il Tesoro desidera solo gestire bene la sua uscita, e che nulla possa gettare un’ombra su quello che ha fatto per restituire al mercato il monopolio telefonico.

Gli azionisti privati sanno che, quando decadrà il patto di stabilità, col 4% di capitale non si governa, neppure se il loro gruppo fosse coeso: e non lo é. L’interesse di ciascuno di loro è di posizionarsi in vista della partita che si giocherà dopo il 2000, quando pacchetti dell’1% conteranno; essenziale è solo che nel frattempo l’azienda mantenga il suo valore. A tal fine alcuni rischi li hanno parati: il cablaggio, il telefonino da città, costose fantasie strategiche. Un pericolo ancora incombe: l’avventura televisiva di Stream, che ha già inghiottito oltre 1000 miliardi.
Il satellite consente alle società telefoniche di sviluppare servizi molto interessanti, da Internet allo home shopping; ma che per farlo sia necessario svenarsi acquisendo diritti televisivi su film o eventi sportivi è tutto da dimostrare. Non è forse senza significato che proprio nella fase finale della presidenza Rossignolo Telecom abbia dato l’impressione di offrirsi per mettere il proprio cash flow a servizio di una soluzione italiana (e della RAI) per la piattaforma satellitare.
Una strategia di grande prudenza è quella che dovrebbe trovare tutti d’accordo, Tesoro e nucleo stabile: d’altra parte una di audacia sarebbe in contraddizione con il nome stesso di patto di stabilità. Il tempo fino al 2000 non sarà stato sprecato a condizione che alla prudenza verso l’esterno si accompagni grande energia verso l’interno: maniacale determinazione ad aumentare efficienza gestionale, a creare capacità commerciale, e, sopra ogni cosa, a proteggere il cash flow.
Se così faranno, i soci del nucleo stabile si saranno meritati la riconoscenza degli azionisti. Dovranno, per riuscirci, contenere molte interferenze esterne: quelle di chi premerà perché si metta a segno un’alleanza strategica eclatante; quelle di chi si opporrà a che vengano messe in atto misure di aumento di efficienza; quelle di chi vorrà che i mezzi finanziari di Telecom siano investiti per fini non di diretta utilità aziendale, ma piuttosto di valenza politica. Non è azzardato pensare che queste interferenze possano trovare orecchie, o bocche, anche in seno al Governo. Già che il Tesoro ha voluto essere presente in consiglio in questa ultima tappa prima del totale affidamento al mercato, aiuti il nucleo stabile a resistere a queste interferenze. Già che c’è la golden share, la si usi in modo utile.

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