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Telecom, dopo le promesse ora i fatti

Pubblicato il 30/07/1998 @ 17:24 in Giornali,Il Messaggero


Le grandi manovre nel settore delle telecomunicazioni regalano emozioni agli appassionati del genere: lunedì viene annunciato il mega accordo tra AT&T e British Telecom; appena 24 ore dopo quello tra GTE e Bell Atlantic. E si attende il colpo da mille miliardi di dollari: tanto per capirci, quanto noi tutti in Italia produciamo in un anno. Ma dietro i commenti “tecnici” fa capolino, a volte sottaciuta, a volta esplicita, la domanda vera: e noi? Una domanda dietro cui sta non la curiosità di sapere quando “noi” potremo usufruire dei servizi della nuova azienda, ma il timore che questo sia un brutto colpo inferto alla “nostra” compagnia telefonica. Insomma una domanda fatta a nome di “noi” in quanto “cittadini” di Telecom, più che di “noi” consumatori. Insomma, vorremmo sapere, questa è per “noi” una sconfitta? E se c’è sconfitta chi è il colpevole?

Questa non è per noi né una vittoria né una sconfitta: semplicemente è una partita a cui non potevamo partecipare. Non siamo né Tyson né Foreman: siamo davanti alla TV a guardarci il match. C’è stato, è vero, un momento in cui sembrava che potessimo diventare gli sparring partner di Tyson-AT&T. I manager avevano preso gli accordi: qualche allenamento insieme, un paio di esibizioni in Italia, incontri di contorno in tournée all’estero. Ma poi il campione si era trovato impegnato in cose impegnative, e si era dimenticato di noi. Nel business delle telecomunicazioni il farsi e lo sciogliersi di alleanze è all’ordine del giorno: la stessa British Telecom aveva visto naufragare un progetto in cui aveva impegnato prestigio e risorse, l’acquisto dell’americana MCI. Adesso toccherà alle alleanze che AT&T aveva annunciato, con qualche trionfalismo, sia in Europa che in estremo Oriente: spiazzate dal nuovo accordo, saranno lasciate morire.
Non ci andava molto a capire che l’alleanza tra Telecom Italia e AT&T era solo il manto nuziale frettolosamente approntato per l’incontro tra Telecom e i suoi pretendenti: ambizioni molte, progetti pochi, sincerità nessuna. I nuovi vertici di Telecom se ne accorsero presto: lo dissero, e poco mancò che venissero lapidati. Tra quel fragile fidanzamento di convenienza e il matrimonio di interesse con British non c’è nulla in comune. Qui la posta in gioco è il mercato delle grandi utenze affari degli USA: un obbiettivo probabilmente fuori dai nostri interessi, certamente fuori dalla nostra portata.
Eppure, a dispetto di queste ovvie considerazioni, neanche questa volta si è perso l’occasione per chiedere ai vertici di Telecom: e noi? Quand’è che ci date qualche grossa notizia, o almeno quando ci fate sapere dietro chi state correndo? Strategie, please!
Telecom è un’azienda privata, se ha bisogno di consigli ingaggia consulenti, tra l’altro profumatamente pagati: manco ci penso a rubargli il mestiere. Ma come uomo pubblico vorrei formulare qualche considerazione sugli atteggiamenti pubblici che conviene, e su quelli che non conviene, che “noi” si tenga verso l’ex-monopolista. Che è sì privato ma, come virtuosamente viene ricordato, resta pur sempre una risorsa del paese: come dire che è ancora un po’ pubblico.
Il mio suggerimento è di smetterla di cercare colpevoli.

Smettiamola con il Governo: certo, ha la colpa di aver venduto Telecom tutta intera, anziché dando vita a due aziende in concorrenza tra loro; ha la colpa di avere insistito nella formula public company con nocciolo duro. Ma ha il merito di aver venduto: adesso Telecom è privata. La vecchia Stet ha perso occasioni d’oro quando ancora si potevano comperare pezzi interessanti, a prezzi ragionevoli, in giro per il mondo: ma questo proprio non è colpa di Ciampi.
E smettiamola anche di dare la colpa ai privati. Certo, quanto a competenze telefoniche, più che aggiungerne di nuove, hanno fatto piazza pulita delle vecchie. Certo alcune battute hanno fatto sorridere, ed alcune iniziative di acquisizioni hanno fatto tremare. Ma non è una colpa rispondere all’appello del Governo, o magari cedere alle sue pressanti richieste: hanno comperato dal Tesoro, al prezzo e alle condizioni dal Tesoro stesso fissate, mica sarà stata circonvenzione di incapace! E poi hanno ancora due anni in cui possono comandare in Telecom, poi nessuno avrà più indulgenza per la loro inesperienza, nessuno si limiterà a sorridere per la loro esuberanza: se vorranno restare in sella dovranno portare risultati.
Tra i risultati che conteranno ci sarà anche l’essere o il non essere riusciti ad assicurarsi la fedeltà delle grandi società che dall’Italia comunicano con il mondo, a soddisfarne le potenzialità di crescita, in volume di traffico e in sofisticazione di servizi. Quel fatturato è stato valutato oggi in 60 milioni di dollari. Tenere quei clienti non sarà facile, Telecom ha molta strada da fare: se nella telefonia mobile, ha in TIM uno dei gestori più efficienti del mondo, in quella fissa è tra i meno efficienti. Ci andrà molta concentrazione, molti investimenti, e la forza di affrontare tagli impopolari. Tutte cose che se va bene non richiamano i riflettori, se va male ricevono luci non favorevoli. Certo, è esaltante partire alla conquista del Brasile. Ma io trovo rassicurante l’ultima pubblicità della Telecom: la cosa nei sacchi non sarà gran che come tecnologia , ma resistenza ed equilibrio sono qualità non disprezzabili.
Noi, patriotticamente, facciamo il tifo, ma teniamo anche il fiato. Perché non vorremmo che l’esaltazione per la guerra di conquista facesse dimenticare che qui in Italia ci sono clienti che vogliono avere di più a meno: ad essi guardano i nuovi concorrenti, Wind e Infostrada-Omnitel. E proprio questi clienti sono da domani nel mirino della nuova unione tra AT&T-British Telecom.
Secondo alcuni analisti del settore, le fusioni di cui si parla in questi giorni non sono che l’inizio di un processo di consolidamento, da cui emergeranno 3 o 4 giganti che possederanno le grandi reti mondiali. Questo processo riserva alle varie Telecom del mondo, dunque anche a Telecom Italia, il ruolo di terminale locale. Avere una propaggine in Brasile non cambierà molto il valore di Telecom. Avere nel proprio mercato domestico infrastrutture moderne e un servizio perfetto lo proteggerà. Questo è poi quello che ci interessa: se solo ci leviamo la divisa del tifoso e restiamo col vestito del cliente.

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