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→  novembre 11, 2015


Per bene che il prodotto sia progettato, il successo dipende dal funzionamento della macchina, cioè la Pa.

Non l’ho studiata, la legge di Stabilità, ma ne ho letto le analisi degli editorialisti, ne ho sentito le sintesi di personaggi che hanno l’indirizzo “@governo.it”, gli uni a rivendicare i fini, gli altri, perlopiù, a criticare i mezzi. La legge infatti è un manifesto politico, che sulla base di qualche punto di decimali – come ha sottolineato Luca Ricolfi sul Sole 24 Ore di domenica scorsa – estrapolati dai dati degli ultimi trimestri, si propone di non alienarsi Bruxelles, di infondere fiducia negli italiani e, soprattutto, di conquistare i consensi che permettano a Renzi di fare le cose che, se le fa giuste, confermeranno le tendenze che si intravvedono. L’Imu-Tasi, le pensioni, i contanti, gli incentivi non sono singolarmente né giusti né sbagliati, conta solo l’effetto che farà il concerto dei vari strumenti: la finanziaria è un documento rivolto all’esterno.

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→  luglio 6, 2014


Correva l’anno 1988, governo De Mita. Paolo Cirino Pomicino, alla Funzione Pubblica, lanciava il concorso pubblico per lo “Sportello del Cittadino”: invece della via crucis tra ministeri e procedure, i cittadini avrebbero avuto un unico strumento da cui interfacciare tutta la P.A. Naturalmente non successe nulla: le burocrazie ministeriali, ammesso che accettassero di lasciarsi così interrogare, di come scambiarsi i dati tra di loro, manco si son poste il problema. Fanno resistenza, si disse, e si disse l’ovvio: se non incontrassero resistenza, le riforme sarebbero già state fatte. Per riformare la Pa il governo Renzi ha introdotto una certa mobilità dei dipendenti e promosso un largo ricambio generazionale dal basso. Ha scelto cioè meccanismi che agiscono dall’interno: buoni per rompere dipendenze e incrostazioni, c’è da dubitare che siano adeguati a far prevalere le ragioni dell’efficienza su quelle della propria convenienza. L’efficienza si può definire solo con un riferimento esterno, alle convenienze degli altri, di quelli che stanno dall’altra parte dello sportello. Non c’è coscienza individuale, non accordo collettivo, non questionari scambiati con gli utenti che serva a fare quello che la concorrenza sul mercato fa automaticamente: scoprire quanto valgono beni e servizi. Per A. Gambardella e G. Tabellini (Il Sole 24 Ore del 22 giugno), sarebbe poco importante se a sviluppare le infrastrutture che aspettiamo dall’epoca dello “sportello del cittadino” (1988) fossero informatici di Google o di Poste Italiane.

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→  aprile 10, 2014


Ce la farà Renzi? Se lo chiedono i renziani, che temono possa perdere la sua diversità; se lo chiedono gli antirenziani nicodemici, che diffidano della sua omogeneità (con Berlusconi ovviamente). Al governo di solito si arriva con un programma da realizzare. Renzi ci arriva come prosecuzione di un percorso che ha unito tre punti: cambio generazionale nel partito; fine del pregiudizio antiberlusconiano; accordo sulla legge elettorale. Ha dovuto allungare il percorso, riforma del Senato e del titolo V, e chiedere più tempo. Il suo futuro continua a dipendere da quelle riforme.

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→  marzo 7, 2014


Al direttore.

Esigere le dimissioni di un sottosegretario perché indagato – ma la stessa cosa varrebbe per un parlamentare – altera l’equilibrio tra i poteri. Lungi dal proteggere i poteri di governo o Parlamento, li diminuisce, conferendo all’ordine giudiziario il potere di interferire nel loro funzionamento, alterandone gli equilibri presenti, e influenzandone i comportamenti futuri.

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→  ottobre 11, 2012


Interventi e Repliche

E poi c’è quella del grande funzionario sovietico che va in USA per la prima volta dopo il disgelo, e chiede se il Ministero responsabile per la distribuzione della Coca Cola è lo stesso di quella del Big Mac. Ci pensavo leggendo la proposta di Massimo Sideri di istituire anche noi un ministero “per gli affari digitali”, e, il giorno prima, partecipando alla riunione di un importante istituto di ricerca, dove in cui tra politici, imprenditori, esperti del settore si è discusso di agenda digitale e di promozione delle start-up.

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→  giugno 22, 2012


Negli anni 80 si discusse a lungo come insegnare l’informatica nelle scuole: chi sosteneva che era una nuova “materia”, da insegnare in aule appositamente attrezzate; chi invece uno strumento che le altre “materie” dovevano usare e fare usare, ciascuna nel modo a sé più acconcio. Mi sono ricordato di quelle discussioni – allora ero in Olivetti – leggendo che il decreto sviluppo prevede la creazione dell’Agenzia per l’Italia digitale, così dotandosi di un “national champion” digitale, come vuole il commissario Kroes, e pure risparmiando con la fusione di due o tre enti preesistenti.
Nel caso della scuola, trent’anni dopo, troviamo social network alle elementari, Wikipedia come bignami alle medie, motori di ricerca al liceo per trovare Cicerone tradotto, e Skype per tutti: i ragazzi hanno risolto il dilemma adottando spontaneamente strumenti sofisticati che interessavano loro.

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