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→  marzo 13, 1997


La mia proposta di legge sulla privatizzazione delle banche possedute da fondazio­ni. elaborata insieme a De Ni­cola, Giavazzi e Penati, ha avu­to consensi e critiche. Adesso riceve dall’amico Nardozzi [onore di un ossimoro: «estre­mismo dirigista liberale». (Si veda l’articolo «Banche, il sistema si riforma con le strate­gie» pubblicato sul Sole-24 Ore del 7 marzo).

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→  febbraio 21, 1997


Al Direttore.

Che i governi di coalizione siano costretti a politiche di stop and go, tra sor­tite coraggiose e ritirate strategiche, è naturale. Ma nel caso nostro, dov’è il go?

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→  febbraio 2, 1997


Immaginiamo il gestore di un fondo di investimento straniero: è interessato alla privatizzazione dei telefoni in Italia, ma il «giallo» di un go­verno che manda a casa i verti­ci della società, che pure aveva riconfermato pochi mesi pri­ma, senza dare uno straccio di spiegazione non lo lascia tran­quillo. Prima di investire i sol­di dei suoi pensionati, manda in Italia un suo analista per cercar di capire cosa sta succe­dendo. Il giovanotto arriva, si mette in moto incomincia a fa­re la più ingenua delle doman­de: perché? «Adesso il padrone è il Tesoro – gli dice uno – che ha deciso di fondere Telecom in Stet: cambiare squadra è lo­gico. Volevano aspettare il pri­mo consiglio di amministra­zione, questione di pochi gior­ni. Ma un giornale ha fatto uno scoop, gli ha scoperto il gioco e han dovuto anticipare». Il gio­vanotto si accorge che l’amico, mentre parla, arrossisce un po’, giovane sì, americano an­che, ma che lo facciano così in­genuo…

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→  giugno 1, 1996


C’è da scommetterci: l’impegno alle priva­tizzazioni avìà la sua brava evidenza nel program­ma del governo Prodi. Ma la mia opinione è netta: l’impegno sarà efficace solo se l’obiettivo della restituzione al privato delle imprese di Stato sarà diverso da quelli sin qui esplicitati. Se il fine delle privatizzazioni fosse sistemico rispetto alle condi­zioni del Paese, esse dovrebbero essere accompagnate da decise liberalizzazioni, volte a rendere i mercati concorrenziali e le imprese contendibili. Ciò in Italia sinora è mancato, mentre al contrario poteva rappresentare la risposta più immediata al problema di come reintrecciare l’ordito asfittico della finanza italiana con quello dello sviluppo. E potrebbe essere una delle più grandi chances per il governo Prodi imboccare con decisione questa strada, che potrebbe contribuire al rating di fidu­cia internazionale dell’Italia quasi se non quanto le manovre di finanza pubblica.

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→  aprile 2, 1996


«Liberisti battete un colpo», ha chiesto «Il Sole 24 Ore» del 27 marzo, traendo spun­to dalla «liquidazione im­propria sotto l’urgere del crack» predisposta dal Teso­ro per il banco di Napoli. Interrogandosi, alla fine, su quale sarebbe stata la posizione del Polo e dell’Ulivo di fronte alla vicenda, para­digmatica del perdurate dei salvataggi pubblici a fronte di disastri pubblici.

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→  febbraio 16, 1996


Sulle ragioni per vendere separa­tamente le aziende facenti capo alle sub-holding Stet e Finmec­canica non sarebbe neppure il caso di ritornare, tanto esse sono forti: il maggior valore che così si fa emerge­re, stimato in 10mila miliardi, gli investitori in tutto il mondo preferen­do aziende focalizzate alle conglome­rate; la vivacizzazione della Borsa, arricchita dalla presenza di un mag­gior numero di valori; assetti di settore più aperti a soluzioni concorren­ziali e liberati dalle opacità dei rap­porti infra-gruppo. Tutti argomenti già sostenuti in un precedente artico­lo («Il Sole-24 Ore» del 2 febbraio scorso). Ma poiché l’amministratore delegato Stet, Ernesto Pascale, obiet­ta («Corriere della Sera» del 7 feb­braio) che questo processo introdur­rebbe un ritardo di quindici mesi per sole «operazioni fiscali e di scorpo­ro», si riprende l’argomento più in dettaglio. Risulterà dimostrato il con­trario: il guadagno di tempo è una ragione Che si aggiunge a quelle già esposte a favore della vendita per aziende separate.

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