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→  gennaio 18, 2022


“L’unico modo per non perdere Draghi è mandarlo al Quirinale”.

Così era titolata una lettera al Direttore apparsa sul Foglio del 15 gennaio scorso e firmata dal senatore Franco Debenedetti.

Risposta di Claudio Cerasa: “Concordo”.

Perché una personalità che può contare su un quasi unanime consenso tra i partiti, divisi tra chi lo vorrebbe al Quirinale e chi a Palazzo Chigi, e che ha dimostrato attitudine a mediare in una larga maggioranza senza prevaricare le forze politiche, non dovrebbe essere il candidato comune per la Presidenza della Repubblica?

Roberta Jannuzzi ne parla con Franco Debenedetti.

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→  gennaio 15, 2022


Al Direttore.

Se al Quirinale non ci va Draghi, perché i partiti non vogliono, e non resta Mattarella, perché non vuole lui, ci andrà qualcuno con cui non si ristabilirà l’intesa tra i due, che è stata alla base di questo Governo. La situazione in cui vive il Paese – Covid, inflazione, necessità di fornire sostegno a famiglie e settori in difficoltà – impone decisioni che i partiti troveranno impopolari. Premessa maggiore: i partiti vogliono Draghi a palazzo Chigi per sfruttarne il prestigio, mentre nella sostanza lo arrostiscono a fuoco lento. Premessa minore: Draghi è troppo accorto, saprà evitare che qualcuno faccia finire male il suo curriculum stellare. Conclusione del sillogismo: il solo modo per non perdere Draghi è mandarlo al Quirinale.

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→  gennaio 5, 2022


Il Cav. può essere il vero protagonista nella corsa al Colle. Non come futuro presidente ma in qualità di kingmaker

Cosa ne penso di Berlusconi al Quirinale? Non essendo praticabile, per indisponibilità dell’interessato, quello che per il Financial Times sarebbe il first best, Sergio Mattarella presidente fino alla fine della legislatura, ma essendo disponibile il second best, Mario Draghi al Quirinale per sette anni, la risposta è che sarebbe una scelta sbagliata. Una, non la scelta: sarebbe sbagliato qualunque altro nome venisse fatto. A domanda maligna, risposta limpida: di per sé, in astratto, non ritengo che Berlusconi non possa essere presidente della Repubblica, anzi riconosco le ragioni per cui potrebbe esserlo. Se, sempre in astratto, lo diventasse, non restituirei il passaporto al Viminale: e crepi la malizia!

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→  dicembre 25, 2021


Risposta a Velardi: ben vengano le critiche al premier, ma c’è il rischio di non cogliere il senso delle sue parole

Passi falsi sarebbero, secondo Claudio Velardi che ne ha scritto su Huffington Post di giovedì, quelli che Mario Draghi avrebbe fatto nella sua conferenza stampa. Ma strappargli “parole sulla lontana partita del Quirinale” era quello che avrebbero voluto fare tutti i 50 giornalisti che hanno gli hanno posto domande. E poi: quale altro argomento occupa tanto spazio tutti i giorni su tutti i giornali? Rifiutarsi sì che sarebbe stata da parte sua o “una hybris strabordante” o una “sconfortante ingenuità”, per usare le parole di Velardi: Draghi si è limitato invece a ridurre a quattro o cinque le domande sul tema. Good enough.

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→  dicembre 21, 2021


Al direttore.

Davvero un “pazzo girotondo” quello tra ministri e governatori, a cui avete chiesto un libro letto da consigliare. Di 25, non uno che abbia indicato il libro dell’anno, “Crossroads” di Jonathan Franzen. E allora: tutti giù per terra! Un caro saluto.

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→  novembre 26, 2021


Strategicità della rete unica? Parliamone. Imporre lo spezzatino sarebbe un segnale pessimo per il paese

“Franco, ho convinto Bertinotti: la vendiamo tutta!”. La voce al telefono è quella di Carlo Azeglio Ciampi, e ciò di cui parla è Stet, poi Telecom Italia, oggi Tim. Allora si discuteva se il governo dovesse tenere una quota dell’azienda, e “tutta” voleva dire il 100 per cento delle azioni. Oggi “tutta” ha un altro significato, tutto quanto c’è nel perimetro aziendale di Tim S.p.A. Gli statalisti che allora volevano che il governo conservasse una parte delle azioni, oggi vorrebbero che prendesse un pezzo di azienda. Quando la parola ha cambiato significato?

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