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Archivio per il Tag »Massimo Giannini«

→  novembre 23, 2019


“Il capitalista privato che spolpa Taranto ed esporta fondi neri” cosi Massimo Giannini su Repubblica di giovedì, con riferimento alla gestione dei Riva.
“Spolpa” Taranto? Con i Riva, Taranto produceva 8, perfino10 milioni di tonnellate di acciaio l’anno, dando lavoro a oltre 15.000 persone; oggi saremmo contenti con 5. “Esporta fondi neri”? Il 12 Novembre Ansa informava che la Procura di Milano ha chiesto l’archiviazione del fascicolo ‘contenitore’ da cui sono nate le varie indagini sui Riva e sui professionisti che erano finiti indagati a vario titolo per bancarotta, appropriazione indebita, riciclaggio e reati fiscali. E il 5 luglio 2019 il Tribunale di Milano ha assolto in primo grado Fabio Riva dall’accusa di bancarotta fraudolenta dell’Ilva, perché il fatto non sussiste. Non si può non riflettere su quanto queste vicende abbiano prodotto, come afflizioni alle persone e come contribuito alla rovina dell’azienda.
I “fallimenti” hanno sempre una causa, ciascuna sua propria: mettere tutto insieme, il vero e il falso, il pubblico e il privato, gli errori e le colpe contribuisce alla crescita di quella mentalità anti-industriale, di quei pregiudizi anti-competenze che sono terreno di coltura dei fallimenti: quelli di cui parla Giannini, e quelli più generali che affliggono questo Paese.

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→  luglio 21, 2008

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di Massimo Giannini

Non c’è bisogno di aver letto Carl Schmitt sul ruolo della banca centrale tedesca ai tempi di Weimar, per capire quanto contino, in una democrazia degna di questo nome, le autorità indipendenti. Per comprendere quanto pesino, in uno Stato ad economia liberale, i cosidetti «poteri neutri». Eppure qualche lettura colta non farebbe male ai leader del centrodestra che oggi guidano l’Italia all’insegna della dottrina (schmittiana anche questa) dello «Stato governativo». Si eviterebbero mostruosità come quella che hanno appena compiuto ai danni dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas. Passato quasi sotto silenzio, ad eccezione di poche e isolate grida d’allarme, il blitzkrieg notturno con il quale la Lega ha azzerato i vertici dell’Authority, con un banale ma micidiale emendamento alla manovra, è un «atto sedizioso». Così l’avrebbe chiamato Guido Carli.

Con la scusa di un apparente ampliamento dei poteri dell’istituto alle attività di «concessione, autorizzazione o convenzione per l’avvio della produzione di energia nucleare», è stato ridotto da 5 a 4 il numero dei membri, ed è stato rimosso il presidente in carica. Guarda caso, proprio quell’Alessandro Ortis che si era «permesso» di sollevare dubbi sulla possibile «traslazione» sui consumatori della Robin Hood Tax, e che aveva «osato» proporre la separazione proprietaria di Snam Rete Gas dall’Eni. Il governo non aveva gradito. Scajola aveva bacchettato il grand commis: «Non travalichi le sue competenze istituzionali». Colossale fesseria ministeriale: è esattamente nei poteri delle Authority suggerire soluzioni tese alla migliore efficienza dei mercati su cui sono chiamate a vigilare. Ma il rimbrotto non era bastato. E così è arrivato il siluro.

Non si era mai vista una purga staliniana ai danni del presidente di un’autorità amministrativa indipendente a due anni dalla scadenza del suo mandato. Stupisce che gli economisti e i commentatori liberali non se ne siano accorti, ma è un precedente di una gravità inaudita. Alla fine anche i «colbertisti» l’hanno capito. E così, a quanto pare dalle cronache parlamentari, lo scempio leghista è stato riparato in Commissione, con uno stralcio inserito all’ultimo minuto nel maxiemendamento alla stessa manovra. Ma l’incidente rimane agli atti. E la dice lunga, purtroppo, sulla cultura politica di questa maggioranza. A quando un bel repulisti anche alla Banca d’Italia o alla Consob, come lucidamente si chiede Franco Debenedetti sul sito lavoce.info? La domanda è tutt’altro che retorica.

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di Franco Debenedetti – La Voca, 15 luglio 2008