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→  maggio 10, 2006

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La polemica sul Gay Pride

«Non mi impressiono davanti alle discussioni e alle polemiche all’interno della coalizione sul rapporto tra etica e politica. E’ inevitabile quando si affrontano le cosiddette questioni sensibili. Il problema è un altro: non basta un programma amministrativo e l’accordo sulle modalità per attuarlo per fare un matrimonio fra culture politiche diverse. Ci vuole un obiettivo in cui fortemente si creda, una visione condivisa di quali sono i rapporti delle persone tra loro e di queste con lo Stato». Franco Debenedetti, ex senatore diessino, commenta così gli sviluppi politici della guerra che ha diviso il centrosinistra subalpino sul corteo del Pride.

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→  marzo 9, 2006

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Programmi

di Luca Ricolfi

Esattamente dieci anni fa, all’inizio del 1996, usciva un libro di Marco Revelli intitolato «Le due destre». Era il periodo in cui Prodi e il Pds inventavano l’Ulivo, e Berlusconi e Fini guidavano il Polo delle libertà senza la Lega. La tesi di Revelli era che nell’Italia della seconda Repubblica lo scontro politico non era fra una sinistra e una destra, bensì fra due differenti tipi di destra: quella populista e plebiscitaria di Fini e Berlusconi, e quella elitaria e tecnocratica di Prodi e D’Alema.
Si può sottilizzare sui dettagli, ma – a dieci anni di distanza – è difficile non riconoscere che Revelli aveva visto giusto: nel quinquennio 1996-2001 il centro-sinistra fece ben poche cose di sinistra, e molto di quel che fece – privatizzazioni, liberalizzazioni, flessibilizzazione del mercato del lavoro – è precisamente quel che tradizionalmente ci si aspetta da un governo di destra (detto per inciso, è questa la vera ragione per cui Bertinotti fece lo sgambettto a Prodi, e dal suo punto di vista non saprei come dargli torto).
Dunque è vero: nel 1996 l’elettore fu chiamato a scegliere fra due destre, e preferì quella liberista a quella populista. Ma oggi? Oggi, a mio parere, la scelta non è più fra due destre ma fra due sinistre. Nel frattempo, infatti, sono successe due cose molto importanti, che hanno completamente sconvolto l’offerta politica.
La prima è che la sinistra è riuscita a formare un’alleanza larghissima, che va da Mastella a Bertinotti, e a mettere a punto un programma che è convintamene sostenuto innanzitutto da Bertinotti stesso. Per quanto vago e pieno di formule ambigue, il programma dell’Unione è chiaramente più di sinistra dei programmi del 1996 e del 2001, ed è per questo che Bertinotti lo difende e lo difenderà a spada tratta, bloccando ogni tentativo di darne un’interpretazione eccessivamente modernizzatrice. Quando Bertinotti dice che i pericoli per la governabilità verranno da quello che lui chiama il centro ha perfettamente ragione: se l’Unione vincerà, i primi a trovarsi a disagio non saranno i «comunisti» del Prc e del Pdci, marginalizzati da un partito democratico che non c’è, bensì i liberisti annidati nella Rosa nel pugno, nella Margherita, nella destra Ds. Insomma la prima vittima dell’Unione non sarà l’ala sinistra dell’Unione stessa ma la cosiddetta «agenda Giavazzi», ossia il programma di scongelamento del sistema proposto qualche mese fa dall’economista milanese. Dunque Revelli ha ragione per il passato, ma la sinistra di oggi sembra aver ascoltato non pochi dei suoi consigli, e si presenta (finalmente?) davanti all’elettorato con un classico programma di sinistra, molto attento a restituire il maltolto al lavoro dipendente e a rinforzare lo stato sociale.
Ma c’è una seconda novità, meno visibile della prima. Da allora anche la destra è cambiata, e molte delle cose che ha fatto in questi anni sono cose «di sinistra». Ha aumentato le pensioni dei lavoratori più deboli. Ha fatto crescere il peso della spesa sociale sul Pil, che invece l’Ulivo aveva tenuto costante. Ha deprecarizzato il mercato del lavoro, che invece l’Ulivo aveva flessibilizzato. Ha fermato le privatizzazioni e le liberalizzazioni, che invece l’Ulivo aveva portato avanti.
Ecco perché dicevo, un po’ provocatoriamente, che oggi l’alternativa non è più fra due destre, come dieci anni fa, ma fra due sinistre. Da una parte l’Unione, ossia la vera sinistra, che promette di liberarci da Berlusconi e di ridistribuire reddito dai ceti medio-alti a quelli medio-bassi. Dall’altra la Casa delle libertà, ossia la falsa destra, che promette di conservarci Berlusconi e di finire il lavoro neo-statalista iniziato cinque anni fa.
Non è questo il luogo per esaminare le differenze fra le soluzioni degli uni e quelle degli altri, che sono indubbiamente notevoli sia sul piano economico sia sul piano sociale. Ma è difficile sfuggire all’impressione che entrambe capitalizzino sulle paure degli elettori, sul bisogno di protezione, sulla difesa di interessi perfettamente legittimi ma settoriali. Insomma, visti da vicino il programma dell’Unione e il programma della Casa delle libertà appaiono profondamente conservatori, terribilmente preoccupati di blandire le rispettive basi sociali, tragicamente incapaci di verità e di coraggio, irresponsabilmente omissivi sullo stato dei conti pubblici e sulle scelte (anche dolorose) che sarebbero necessarie per rilanciare lo sviluppo. Eppure se la torta non crescerà non ci sarà niente da distribuire, e ci ritroveremo come sempre a incolpare la mala sorte, l’opposizione, il terrorismo, l’avversa congiuntura internazionale.
Con questo non voglio suggerire che la scelta fra Casa delle libertà e Unione non sia importante. Quella scelta determinerà in che tipo di democrazia vivremo nei prossimi anni, e lungo quali sentieri verrà incanalato il declino dell’Italia, insomma la velocità e la direzione della nostra «argentinizzazione». Ma come elettore preferirei poter pensare di avere una terza chance.

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Non due sinistre, ma due statalismi: populista (Berlusconi), sociale (Prodi)
di Franco Debenedetti – Il Riformista, 11 marzo 2006

→  dicembre 4, 2005

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La polemica sull’alta velocità. Intervista al sen. Franco Debenedetti

«Il muro contro muro sull’Alta Velocità? Bisogna rendersi conto che a rischio è molto più della Torino Lione. E’ in gioco la possibilità futura di fare in Italia le grandi opere indispensabili per lo sviluppo del Paese: dai rigassificatori agli inceneritori, dal terzo valico ai depositi di scorie e al Mose. Sono tutti casi in cui un interesse generale diffuso è in contrasto con interessi locali fortemente organizzati».

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→  ottobre 19, 2005

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Il dopo-primarie

Un successo così non l’aveva previsto nessuno. C’è dentro tutta la voglia di unità dell’elettorato di centro sinistra; e c’è la reazione al colpo di mano di Berlusconi sulla legge elettorale. Risulta accentuato il carattere singolare di queste primarie, lanciate da Prodi nel contesto del maggioritario dell’alternanza, ma le cui conseguenze opereranno in un contesto politico opposto, quello del proporzionale, di “questo” proporzionale che sembra fatto apposta per scardinare il bipolarismo.

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→  agosto 29, 2005

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Fondare la sostituzione di Fazio sulla “colpevolezza” è contraddittorio con la volontà di introdurre le riforme: se va mandato via perché non ha rispettato le regole in vigore, bisognerebbe – a rigor di logica- chiedere che venissero rafforzate, non sostituite da altre diverse. Fondarla invece sul cambiamento di politica è più rapido, dà luogo a minor contenzioso, è più dignitoso per il Paese. Soprattutto è un passaggio obbligato se si vuole cambiare davvero.

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→  agosto 23, 2005

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Qual è il comportamento corretto che deve tenere una forza politica di opposizione di fronte a un’iniziativa economica rilevante? Ora che il flusso delle intercettazioni sembra essersi rallentato e il fuoco della questione morale posto sotto controllo, c’è il distacco necessario per fare qualche considerazione di natura generale sul tema del rapporto tra “politica e affari”.

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