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→  febbraio 15, 2011


dalla rubrica Peccati Capitali

Le Poste? Un paradosso. La liberalizzazione dei servizi postali? Un kamasutra. Paradosso le Poste, perché sono una Banca che non può essere privatizzata, dato che fa anche il servizio postale; e sono un servizio che non può essere liberalizzato, dato che raccoglie anche risparmio.
Per fortuna che Bruxelles c’è, e ha decretato che i servizi postali vanno liberalizzati sotto la regia di un’Autorità indipendente, dal governo e dal monopolista. Che fare, dunque?

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→  gennaio 16, 2011


Senza la dimensione industriale della Fiat, il valore simbolico dell’auto, la determinazione di Marchionne, non avremmo il sì di Mirafiori, il fatto che si sia potuto scegliere tra il sì e il no a un piano industriale innovativo. Adesso si tratta di rendere questo risultato normale, guardando a questo risultato per quello che è, in generale e per tutti. Dobbiamo cioè ragionare “etsi Marchionne non daretur”.

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→  gennaio 13, 2011


di Pietro Ichino

Bersani ha concluso la riunione della direzione del Partito Democratico facendo esplicitamente sue le considerazioni proposte nel mio intervento sulle questioni sollevate dagli accordi di Pomigliano e Mirafiori.

Quello che segue è il testo scritto dell’intervento che ho svolto, in forma più sintetica per rispettare i limiti di tempo, alla Direzione del Pd il 13 gennaio 2010 – Poichè il giorno dopo la maggior parte dei media ha voluto dare l’immagine di un partito spaccato su questo tema (come su altri), va detto invece che proprio nel dibattito svoltosi in quella sede quasi tutti gli interventi dedicati a questa materia, pur con qualche sottolineatura diversa, hanno segnato una convergenza sostanziale su tre punti: 1) è di vitale importanza per il Paese che il piano industriale Fiat sia attuato e che quindi i relativi accordi vengano confermati, ma con una drastica correzione nella parte relativa alla rappresentanza sindacale in azienda; 2) per questo è urgente una legge che colmi la grave lacuna dell’ordinamento vigente, ponendo con chiarezza le regole necessarie per l’efficacia e l’effettività dei contratti collettivi negoziati dalla coalizione sindacale maggioritaria, ma al tempo stesso garantisca anche al sindacato che sceglie di non firmare il contratto il diritto alla rappresentanza in azienda; 3) è inoltre urgente che si promuova la possibilità di scelta, mediante accordo aziendale, tra una ampia gamma di forme di partecipazione dei lavoratori nell’impresa, che garantiscano a questi ultimi la necessaria informazione e possibilità di controllo su ogni aspetto dell’attuazione dei piani industriali.

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→  dicembre 16, 2010


Lettera al direttore

Potrebbe darsi che un canadese esperto in certificazioni, messo a capo di un’azienda italiana pochi anni prima semifallita, e fortunosamente sottratta alle banche spedite a soccorrerla, riesca a rimettere in sesto un’azienda americana, fallita per il più grande disastro finanziario degli ultimi 80 anni; e che i sindacati americani che ora la controllano, gli stessi che anni fa misero in ginocchio le loro aziende attaccate dai giapponesi, salvino quel pò che resta della possibilità di fabbricare beni in Italia, inducendo ad abbattere il tabù del contratto nazionale inderogabile, attuando così la più importante riforma sotto un governo che, di quelle che aveva promesso, non è riuscito a portarne in porto quasi nessuna. E poi si dice il capitalismo: se solo lo si lasciasse fare.

→  dicembre 15, 2010


Lettera a Repubblica

“Costretta”, costretta a vendere per smontare il monopolio dell’energia elettrica, e quindi a trovare altri settori in cui investire per “mantenere dimensioni adeguate”. Così rispondendo ad Alessandro Penati, l’Ufficio relazioni con i media dell’Enel ammette le resistenze opposte alla volontà politica del suo azionista, rappresentato per l’occasione dal premier Prodi e dal Ministro Bersani, di liberalizzare il mercato, l’insofferenza esibita verso l’Autorità di regolazione all’uopo istituita dal Parlamento, le ambizioni coltivate prima in telefoni e acqua per diventare una multiutility, poi in altri Paesi per diventare una multinazionale. E giustifica con quella “costrizione” iniziale i deludenti risultati che ne sono seguiti. Insolito trovare in un organo aziendale un tale rispetto per la verità storica. Complimenti!

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→  dicembre 14, 2010


Dall’Ufficio relazioni con i media dell’Enel

CARO Direttore, alcune precisazioni sull’articolo di Alessandro Penati di sabato scorso. Enel in Russia non “perde”; al contrario, registra buoni risultati destinati a migliorare. Enel non ha percorso la strada dell’internazionalizzazione per «mania di grandezza». Costretta a ridurre la quota di mercato in Italia per favorire la liberalizzazione, ha dovuto mantenere dimensioni adeguate in un contesto competitivo sempre più globalizzato. Oggi, oltre il 50% del margine operativo lordo (più di 17 miliardi di euro a fine 2010), proviene dalle attività all’estero.

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