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→  maggio 24, 2012


Si sente parlare di piano per la crescita e si pensa a fiumi di soldi. Chi soffre sotto il peso della crisi chiede ai politici di fare qualcosa; questi vorrebbero annunciare qualcosa di concreto e rapido, tanti soldi in poco tempo. Così nasce la grande mistificazione.

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→  novembre 26, 2011


Carlo Azeglio Ciampi era esplicito nello spiegare il meccanismo: se abbassiamo il deficit al tre virgola zero per cento, ripeteva, entriamo nell’euro, gli interessi sul debito si riducono al livello di quelli tedeschi. L’eurotassa è un prestito, ci fa incassare il “premio di credibilità”, e si ripaga con ciò che si risparmia di interessi: un pasto gratis (non proprio: la tassa venne restituita solo al 60%). Nessuno spiegò che se non volevamo esportare di meno e farci finanziare il debito dall’estero, era necessario che anche la nostra produttività crescesse come quella tedesca: e che questo non veniva gratis. Alla stessa maniera nessuno spiegò ai tedeschi, che un’unione monetaria comporta di trasferire costi economici e politici dagli Stati “dissoluti” a quelli “virtuosi”. Questo non detto è il deficit democratico alla base della costruzione dell’euro.

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→  novembre 9, 2011


Fosse solo per il signor Melani, che compera una pagina del Corriere per invitare “le molte persone che dispongono” di qualche ricchezza a comperare Bot e così salvare il Paese, la si può considerare una innocua bizzarria o un tollerabile esibizionismo: al massimo annotare che che l’idea di dare l’oro alla Patria non sembra il massimo per rassicurare la City, e voltare pagina. Ma l’idea è stata ripresa dalle grandi banche, che anzi sarebbero disposte in tal caso a rinunciare alle commissioni. E’ allora il caso di chiedersi: riacquistarsi il debito migliorerebbe o peggiorerebbe la situazione del Paese?

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→  ottobre 26, 2011


dalla rubrica Peccati Capitali

E poi c’è quella della scatola di sardine che al mercato di Tel Aviv passa di mano in mano tra ebrei a prezzi sempre crescenti, finché la compera un arabo e la apre. “Ma sono marce!”, protesta. E l’altro: “Ma chi ti ha detto di aprire la scatola?” Vecchiotta e un po’ razzista: ma spiega quello che è capitato alla Dexia, la grande banca belga.

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→  settembre 25, 2011


“Inevitabile”. Quando si muovono critiche a una delle tante varianti di imposta patrimoniale – ultima arrivata quella del “prelievo forzoso” di littoriana memoria- ci si sente rispondere che sì, gli argomenti sono giusti, ma anche inutili, perché la patrimoniale ormai è “inevitabile”. Ma è proprio se tutti la pensano inevitabile, che non sarà evitata: chi respinge le critiche fa dunque un ragionamento analogo a quello che i logici chiamano performativo, per cui ciò che si afferma si verifica.

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→  marzo 20, 2011


di Valentino Paolo

L’allarme. Kenneth Minogue e i guasti del Welfare. Lo studioso liberista accusa il nostro modello sociale di provocare enormi oneri finanziari e infiacchire i cittadini sul piano etico. La sua requisitoria conservatrice sta provocando una discussione molto accesa nel mondo anglosassone

Nel 1963, un professore australiano trapiantato in Inghilterra, docente di Scienze politiche alla London School of Economics, pubblicò una denuncia severa e coraggiosa del progressismo radicale. Scritto in totale controtendenza allo Zeitgeist del tempo, la fede incondizionata negli effetti benefici della mano pubblica, The Liberal Mind (ora tradotto in italiano da Liberilibri con il titolo La mente liberal) puntava l’indice contro «la nozione che la storia richieda il perfezionamento della società umana» e che i governi, nel perseguimento di questo ideale, debbano «provvedere per ogni uomo, donna, bambino e cane condizioni decenti di vita». Attenzione, ammoniva la giovane Cassandra, «una popolazione che affidi il suo ordine morale ai governi, per quanto impeccabile sia la motivazione, diventerà dipendente e servile». È passato quasi mezzo secolo. Ma Kenneth Minogue, oggi magnifico ottantenne e professore emerito dell’ università londinese, non molla l’argomento.

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